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Conegliano - Treviso

LIBERNAUTA 2012

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Concorso a premi per terrestri curiosi dai 14 ai 19 anni e over 20

domenica 21 novembre 2010

Sándor Márai - IL SANGUE DI SAN GENNARO

Sándor Márai, scrittore ungherese, nacque a Kassa nel 1900 e morì in California, a San Diego, nel 1989. Visse a lungo a Vienna, in Svizzera, a Parigi e in Italia. Del 1917 la sua prima opera, una raccolta di poesie dal titolo Il libro dei ricordi. La sua fama è legata in particolare ai romanzi Le braci, apparso in Italia nel 1998 e L'eredità di Eszter (1999).

 «A Pasqualino, perché aveva sei anni e ogni mattina portava giù l'immondizia, al pescatore monco, perché ammansiva il mare, a santo Strato, perché proteggeva il palazzo e i malati»: a loro Márai dedica il suo «romanzo napoletano», ambientato nella città dove visse dal '48 al '52, prima di partire per gli Stati Uniti. A formare il vasto coro, lacero e sgargiante, che commenta la vicenda intorno a cui è costruito il libro sono gli uomini, le donne e i bambini della città, con la loro miseria, il loro lerciume, la loro fatica di vivere e il loro orgoglio ancestrale di aristocratici; e le interminabili chiacchiere, le liti che scoppiano furibonde, teatrali, ritualizzate, da una finestra all'altra, i lutti non meno teatrali e urlati, i santi arcigni e polverosi dentro le teche di vetro – con la loro umanità piagata e ghignan­te. Un intero popolo che, fra tutte le possibilità, crede che «la più verosimile» sia il miracolo. Un giorno, dalle parti di Capo Posillipo, vanno ad abitare due stranieri, un uomo e una donna (inglesi? polacchi?): displaced persons, così li de­fi­niscono le autorità, profughi. Anche loro, almeno per un po', crederanno che lì possa avvenire il miracolo. Ma durante una violenta tromba d’aria si verificherà un e­vento che avrà il senso di una delusione assoluta, di una sconfitta inappellabile, poiché sancirà l'impossi­bilità di credere che ci sia un futuro per chi, in quanto e­sule, ha perso la propria identità. Alla fine, rimarranno il Vesuvio, il mare, e per ultimo il vento: «Li ho visti andare e venire, attraverso continenti e oceani, ma ho nascosto le tracce dei loro passi. Dove soffio io, non resta più nulla. Sono io che dico l'ultima parola. E poi verrà il silenzio».

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