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Conegliano - Treviso

LIBERNAUTA 2012

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Concorso a premi per terrestri curiosi dai 14 ai 19 anni e over 20

lunedì 22 novembre 2010

Diego De Silva - MIA SUOCERA BEVE

Scrittore, giornalista e sceneggiatore italiano, Diego De Silva ha pubblicato diversi libri tra i quali il romanzo Certi bambini (Einaudi 2001), premio selezione Campiello, da cui è stato tratto il film omonimo diretto dai fratelli Frazzi, con la sceneggiatura firmata a quattro mani con Marcello Fois.
Sempre presso Einaudi sono usciti i romanzi La donna di scorta (2001), Voglio guardare (2002 e 2008), Da un'altra carne (2004 e 2009), Non avevo capito niente (2007, Premio Napoli, finalista al premio Strega) e la pièce Casa chiusa, pubblicata con i testi teatrali di Valeria Parrella e Antonio Pascale nel volume Tre terzi.
Del 2010 un nuovo romanzo, Mia suocera beve, con protagonista Vincenzo Malinconico, già al centro di Non avevo capito niente.
Suoi racconti sono apparsi nelle antologie Disertori, Crimini e Crimini italiani (2000, 2005 e 2008). I suoi libri sono tradotti in Inghilterra, Germania, Francia, Spagna, Olanda, Portogallo e Grecia.
Ha lavorato anche ad alcune sceneggiature televisive e ha scritto l'episodio Il covo di Teresa
della serie tv Crimini.



Io, se volete che vi dica come la penso al riguardo, fondamentalmente invidio le persone come mia suocera. Quelle che vanno per evidenza e priorità. Che sbrigano faccende. Che risolvono la molestia delle giornate tristi con un'alzata di spalle. Che credono che l'anima esisterà pure, ma non per questo bisogna affondarci il naso dentro. Che non prendono così sul serio i propri pensieri, e quindi non stanno continuamente a ripensarli, rifinirli, modificarli, ritrattarli.
Perché io, al contrario delle persone come Ass, sono succube delle cose che penso. E magari le pensassi una volta per tutte. I miei pensieri vanno e vengono dalla mia testa con una libertà, una promiscuità, una tale ostinazione nell'impedirmi di prendere una sola decisione veramente convinta, che mi debilita avere a che fare con loro. Sono delle gran troie, questa è la verità. Vorrei che la piantassero di usarmi come un albergo, farsi consolare e assistere dopo che se ne sono andati a combinare cazzate in giro. Che una buona volta si accontentassero e mi restassero fedeli.

Se dovessi indicare il principale dei miei difetti, quello di cui più avverto la ricorrenza nei rapporti che instauro con gli altri, direi che è la mia tendenza a rimuginare.

Io rimugino tantissimo. Quando cammino. Quando lavoro. Quando mi diverto. Quando mi compiango. Quando faccio l'amore. Soprattutto quando non lo faccio.

Diego De Silva, Mia suocera beve
***
Dopo Non avevo capito niente, Diego De Silva torna a raccontare le vicissitudini e gli involontari colpi di genio dell'avvocato napoletano Vincenzo Malinconico, semi-disoccupato, felice a intermittenza e ora definitivamente divorziato.
Tra divagazioni, riflessioni estemporanee sulla vita, la giustizia e l'amore, ritroviamo Vincenzo Malinconico alle prese con un anomalo sequestro di persona: un mite ingegnere informatico architetta una trappola perfetta ai danni di un boss della camorra che ritiene responsabile della morte del suo unico figlio. Un sequestro in diretta tv, un processo-reality, che dovrà essere ripreso dalle telecamere a circuito chiuso del negozio di elettronica di un centro commerciale. Proprio davanti alle vetrine del negozio, Malinconico rimugina sull'ultimo incontro con la ormai ex-moglie, concedendosi un segreto momento di scoramento, che si concluderà inaspettatamente con una nomina a difensore «d'ufficio» del boss intrappolato.
Un nuovo capitolo della sgangherata vita di un personaggio irresistibile - da sposare «non una, ma due volte, sbagliando tutt'e due» -, tra flirt in tribunale, ex-suocere colpite da improvvise malattie, tragedie da sventare e semafori che «gestiscono i tempi di passaggio da un colore all’altro in misura inversamente proporzionale alla fretta di chi li osserva»: il ritorno di Diego De Silva al pirotecnico universo di Vincenzo Malinconico, dove «la realtà è il cinema senza bellurie, sceneggiato da dilettanti».


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