Lars Kepler è lo pseudonimo dietro il quale è celato l’autore del thriller d’esordio che ha scosso il mercato editoriale svedese ed entusiasmato i principali editori internazionali.
Si chiama Erik Maria Bark ed era l’ipnotista più famoso di Svezia. Poi qualcosa è andato terribilmente storto e la sua vita è stata a un passo dal crollo. Ha promesso pubblicamente di non praticare mai più l’ipnosi e per dieci anni ha mantenuto quella promessa. Fino a oggi.
Oggi è l’8 dicembre e a chiamarlo è Joona Linna, un commissario della polizia criminale con l’accento finlandese. C’è un paziente che ha bisogno di lui. È un ragazzo di nome Josef Ek che ha appena assistito al massacro della sua famiglia: la mamma e la sorellina sono state accoltellate davanti ai suoi occhi, e lui stesso è stato ritrovato in un lago di sangue, vivo per miracolo. Josef è ricoverato in grave stato di shock, non comunica con il mondo esterno. Ma è il solo testimone dell’accaduto e bisogna interrogarlo ora. Perché l’assassino vuole terminare l’opera uccidendo la sorella maggiore di Josef, scomparsa misteriosamente. C’è solo un modo per ottenere qualche indizio: ipnotizzare Josef subito.
Mentre attraversa in auto una Stoccolma che non è mai stata così buia e gelida, Erik sa già che infrangerà la sua promessa. Accetterà di ipnotizzare Josef. Perché, dentro di sé, sa di averne bisogno. Sa quanto gli è mancato il suo lavoro. Sa che l’ipnosi funziona. Quello che l’ipnotista non sa è che la verità rivelata dal ragazzo sotto ipnosi cambierà per sempre la sua vita. Quello che non sa è che suo figlio sta per essere rapito. Quello che non sa è che il conto alla rovescia, in realtà, è iniziato per lui.
UN BRANO
"Il paziente comincia a respirare più in fretta, lo stomaco si muove a scatti irregolari.«Adesso cosa succede?» chiede Erik.
«Vado in cucina e mi taglio una fetta di pane.»
«Stai mangiando un panino?»
«Ricominciano a bussare, il rumore proviene dalla camera di Lisa, la piccola Knyttet. La porta è socchiusa, vedo che la lampada è accesa. Spingo piano la porta con il coltello e guardo dentro. Lisa è a letto. Ha gli occhiali, ma tiene gli occhi chiusi e respira a fatica. Il suo viso è bianco. Le braccia e le gambe sono completamente immobili. Poi piega la testa all’indietro e la gola si tende e lei comincia a tirare calci contro il bordo del letto. Tira calci sempre più forti. Le dico di smetterla, ma lei continua, più forte. Urlo contro di lei e il coltello ha già cominciato a colpire. La mamma entra di corsa e mi strattona, allora io mi giro e il coltello colpisce di nuovo, è come se partisse da solo, vado a prendere altri coltelli, ho paura di smettere, devo continuare, non riesco a fermarmi, la mamma entra strisciando in cucina, il pavimento è tutto rosso, devo provare i coltelli contro tutto, su di me, sui mobili, le pareti, colpisco e taglio e poi all’improvviso mi sento stanco e mi sdraio. Non so cosa succede, mi fa male dappertutto e ho sete, ma non riesco a muovermi.»"
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