scrive tutti i film diretti dal comico napoletano, da Ricomincio da tre fino a II postino, co-diretto con Michael Radford. L'unica eccezione è Non ci resta che piangere, sceneggiato e diretto assieme a Roberto Benigni. La sceneggiatura de II postino è tratto dal romanzo II postino di Neruda di A. Skàrmeta ed ha ottenuto una nomination all'Oscar.
Dopo la scomparsa di Troisi la Pavignano sceneggia L'amore con la S maiuscola, assieme a Enzo Decaro - che era compagno di Troisi nel gruppo La Smorfia - e Malefemmene. I risultati non sono entusiasmanti: la sceneggiatrice trova il suo vigore umoristico in Casomai, diretto nel 2002 dal pubblicitario e regista Alessandro d'Alatri, storia della riflessione di una coppa sull'altare del matrimonio, interpretta da Fabio Volo. Del 2004 è Se devo essere sincera, di Davide Ferrario e interpretato da Luciana Littizzetto, qui anche sceneggiatrice.
Anna Pavignano, sceneggiatrice di molti film di Troisi, è piemontese, ma sceglie di far parlare una lingua ibrida, un po’ italiano basico, un po’ napoletano il protagonista di questo breve, intenso romanzo.
Siamo in una piccola isola, forse Ventotene, in un’atmosfera balneare e godereccia durante l’estate piena di turisti, e opacamente deprimente durante i lunghi mesi invernali. Salvatore, appena ventenne, ha smesso di studiare e fa il muratore in inverno, quando non guida la sua bella barchetta col tendalino rosso, in estate. Bel ragazzo un po’ malandrino, tra le avventure estive che gli capitano c’è una giovane sub genovese, Jessica. Dopo una breve e dolcissima notte d’amore, sotto le stelle, la ragazza sparisce e per Salvatore, che esce da un trauma molto pesante per aver salvato un compagno di lavoro nel cantiere edile dove i due lavoravano in nero, comincia un periodo oscuro, un tunnel depressivo che egli non riesce a superare, malgrado le amorose cure della madre e della psicologa. Ma Jessica improvvisamente torna, scoppia l’amore tra i due, che si rivelano, però, troppo lontani e diversi.
Un romanzo classico di iniziazione, una bella storia, ricca di privato e grande attualità: il dramma delle morti bianche, il cancro dei cantieri abusivi, il lavoro nero degli africani immigrati. Oltre a questo ritroviamo la grande poesia del linguaggio di Salvatore, naif e candidamente ignorante, ma saggio e consapevole del dovere di crescere e di uscire da una condizione di subalternità a cui la mancanza di istruzione e la vita marginale in un’isola, bella ma povera, lo costringerebbero. Molto interessante il miscuglio di linguaggi che i diversi personaggi della storia parlano, come se ciascuno fosse portatore di una diversa realtà che si manifesta nell’uso delle parole e dei modi di dire. Molto poetica la conclusione, forse un po’ troppo marcatamente letteraria.
Riportiamo le parole dell’autrice, come segnalate dal Comunicato Stampa. «Anche se questa storia è frutto della fantasia» scrive l’autrice, «esistono giovani che vivono in località costiere o sulle isole italiane che conducono, come dice Salvatore, una vita con “un lato estivo e un lato invernale, come i materassi”. Spesso fanno un lavoro nero, la morte però la chiamano bianca. Secondo me è sbagliato perché bianca è una sposa tutta felice, è la neve che ti lascia incantato, è la prima pagina del quaderno di scuola che era bella perché tutta da scrivere. Si deve trovare un altro colore...».
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