sabato 30 aprile 2011
venerdì 29 aprile 2011
John Stephens - L'ATLANTE DI SMERALDO
È la notte di Natale e Kate avrebbe voluto rimanere sveglia, ma i suoi occhi di bambina alla fine si sono arresi al sonno. Sono le mani di sua mamma a scuoterla e svegliarla di colpo: sta succedendo qualcosa. Qualcosa di brutto. Kate ha solo quattro anni, suo fratello Michael due, Emma è appena nata. Questa è l’ultima volta in cui vedranno i loro genitori.
Dieci anni e moltissimi orfanotrofi dopo, i tre fratelli si imbarcano per quello che pare sia l’ultimo istituto disposto ad accoglierli: Cambridge Falls. Ma quando arrivano nella enorme casa tutta sbilenca, piena di torri, sotterranei e sale colme di bizzarrie, molte sono le domande che si affacciano alla loro mente. Come mai non ci sono altri bambini? Chi è l’enigmatico dottor Pym, il direttore di quello strano orfanotrofio? E soprattutto, cos’è quell’inquietante libro dalle pagine bianche e dalla copertina verde che sembra brillare di luce propria nel buio della camera segreta?
Questa è la storia di Kate, che da sempre si prende cura dei fratelli, aggrappandosi alla disperata certezza che un giorno i suoi genitori torneranno a prenderli. Questa è la storia di Michael e della sua passione per le storie fantastiche. Questa è la storia della piccola Emma, che sembra non temere niente e nessuno al mondo ma ha nel cuore la paura più grossa di tutte: quella di perdere i suoi fratelli. Questa è la storia di tre bambini inseguiti da un potere oscuro e minaccioso. Questa è la storia di tre ragazzi e del libro che cambierà per sempre il loro destino.
Dieci anni e moltissimi orfanotrofi dopo, i tre fratelli si imbarcano per quello che pare sia l’ultimo istituto disposto ad accoglierli: Cambridge Falls. Ma quando arrivano nella enorme casa tutta sbilenca, piena di torri, sotterranei e sale colme di bizzarrie, molte sono le domande che si affacciano alla loro mente. Come mai non ci sono altri bambini? Chi è l’enigmatico dottor Pym, il direttore di quello strano orfanotrofio? E soprattutto, cos’è quell’inquietante libro dalle pagine bianche e dalla copertina verde che sembra brillare di luce propria nel buio della camera segreta?
Questa è la storia di Kate, che da sempre si prende cura dei fratelli, aggrappandosi alla disperata certezza che un giorno i suoi genitori torneranno a prenderli. Questa è la storia di Michael e della sua passione per le storie fantastiche. Questa è la storia della piccola Emma, che sembra non temere niente e nessuno al mondo ma ha nel cuore la paura più grossa di tutte: quella di perdere i suoi fratelli. Questa è la storia di tre bambini inseguiti da un potere oscuro e minaccioso. Questa è la storia di tre ragazzi e del libro che cambierà per sempre il loro destino.
mercoledì 27 aprile 2011
Margherita Hack - IL MIO INFINITO
Fin dagli esordi dell’umanità, la volta stellata è sempre stata la culla di dèi e cosmogonie, racconti per esorcizzare il mistero della vita e della morte. Nel contempo, in ogni civiltà, alla visione religiosa del mondo si sono contrapposte menti curiose che hanno cercato spiegazioni razionali dei fenomeni naturali e celesti.
Questo libro racconta come si è evoluta la nostra capacità di leggere il cielo e con essa la visione scientifica del mondo, dagli astronomi della Grecia classica alla nascita della scienza moderna con Galileo e Keplero, alle scoperte di Newton, per arrivare all’astronomia e alla fisica quantistica dopo le rivoluzioni del Novecento. Ci pone di fronte ai problemi cui ancora la scienza non sa rispondere: l’origine dell’universo e della vita. Ci interroga sulla natura del nostro universo: è tutto ciò che esiste? È finito o infinito nel tempo e nello spazio? È uno fra tanti? Com’è possibile che da una caotica zuppa di particelle elementari si sia originato il Cosmo gerarchicamente ordinato in stelle e galassie, dai cui elementi è nata la vita biologica evolutasi fino ad arrivare a quello straordinario strumento di conoscenza che è il cervello umano? A tanta meraviglia si può rispondere invocando un Creatore, oppure accettando la bellezza di un mondo governato dalle leggi della materia, senza altri fini.
Margherita Hack, che non fa mistero del suo ateismo disincantato, nel guidarci in questo viaggio negli enigmi dell’universo e della vita, ci mostra i pregi e i limiti dei due approcci: la scienza cerca di spiegare il «come», la fede pretende di rivelare il «perché» delle cose. Il primo approccio soddisfa chi vuole capire bene quali leggi reggono il mondo; il secondo soddisfa chi ha bisogno di credere che il mondo sia fatto per un Bene superiore. Nelle sue riflessioni, la Hack non offre risposte definitive, che la scienza forse non potrà mai dare, ma delinea la visione non consolatoria di un mondo che non ha bisogno di Dio per reggersi, in cui il miracolo più grande è la capacità della mente di schiuderci le frontiere dell’infinito.
Questo libro racconta come si è evoluta la nostra capacità di leggere il cielo e con essa la visione scientifica del mondo, dagli astronomi della Grecia classica alla nascita della scienza moderna con Galileo e Keplero, alle scoperte di Newton, per arrivare all’astronomia e alla fisica quantistica dopo le rivoluzioni del Novecento. Ci pone di fronte ai problemi cui ancora la scienza non sa rispondere: l’origine dell’universo e della vita. Ci interroga sulla natura del nostro universo: è tutto ciò che esiste? È finito o infinito nel tempo e nello spazio? È uno fra tanti? Com’è possibile che da una caotica zuppa di particelle elementari si sia originato il Cosmo gerarchicamente ordinato in stelle e galassie, dai cui elementi è nata la vita biologica evolutasi fino ad arrivare a quello straordinario strumento di conoscenza che è il cervello umano? A tanta meraviglia si può rispondere invocando un Creatore, oppure accettando la bellezza di un mondo governato dalle leggi della materia, senza altri fini.
Margherita Hack, che non fa mistero del suo ateismo disincantato, nel guidarci in questo viaggio negli enigmi dell’universo e della vita, ci mostra i pregi e i limiti dei due approcci: la scienza cerca di spiegare il «come», la fede pretende di rivelare il «perché» delle cose. Il primo approccio soddisfa chi vuole capire bene quali leggi reggono il mondo; il secondo soddisfa chi ha bisogno di credere che il mondo sia fatto per un Bene superiore. Nelle sue riflessioni, la Hack non offre risposte definitive, che la scienza forse non potrà mai dare, ma delinea la visione non consolatoria di un mondo che non ha bisogno di Dio per reggersi, in cui il miracolo più grande è la capacità della mente di schiuderci le frontiere dell’infinito.
martedì 26 aprile 2011
GLI ANIMALI DI FUKUSHIMA
Gli animali di Fukushima sono rimasti all'interno della zona contaminata di 30 km. I loro padroni sono fuggiti. Tutti gli animali sono radioattivi, nessuno può più uscire dall'area. Tremila mucche, trentamila maiali, 600mila polli e un numero imprecisato di animali domestici. I cani sopravvissuti si avvicinano alle rare macchine autorizzate in cerca di cibo. Intorno a loro c'è un silenzio irreale e abitazioni abbandonate. Quasi tutto il pollame è morto. Le mucche e i vitelli, dove non vi sono fattorie con alimentatori automatici, sono morti di fame e di sete. Secondo le autorità giapponesi il 70% dei maiali e il 60% del bestiame è morto. I proprietari degli allevamenti hanno chiesto di portar fuori dal terreno radioattivo gli animali, o di entrare per praticare una forma di eutanasia. Le richieste sono state negate per la paura di contaminazione. Alcuni hanno ignorato il divieto e sono entrati nella zona proibita per portare in salvo i loro cani, condannando però anche sé stessi. L’acqua del mare a 30 chilometri dalla centrale nucleare ha una concentrazione di Iodio-131 di 88,5 becquerels per litro, il valore più alto registrato finora. La radioattività è 2,2 volte il limite massimo ammesso per le acque di scarico delle centrali nucleari. La fauna ittica presente nelle acque del Pacifico per decine di chilometri di fronte a Fukushima è contaminata. La radioattività si diffonderà in modo esponenziale quando le piccole prede saranno mangiate da altri pesci. Dovremo andare al supermercato con il contatore geiger. Ci abituereremo anche a questo.
Fukushima è una versione aggiornata della "Fattoria degli animali" di George Orwell dove però comandano, al posto dei maiali, i topi di fogna. Quelli che vivono lucrando sulla pelle degli altri, uomini o bestie non ha importanza. Che nascondono i rischi, che usano i media per accreditare le loro tesi, che espongono le generazioni future a un mondo desolato. I topi di fogna, quando l'aria si fa pesante, hanno l'abilità di nascondersi nel loro habitat naturale, le fogne per l'appunto. Spariscono dalla circolazione. Dove sono l'inconsapevole Scaiola, la Marcegaglia, il Fini delle centrali italiane di "ultimissima generazione", la Prestigiacomo, unico ministro dell'Ambiente nel mondo ad aver dichiarato dopo Fukushima che il nucleare andava avanti? Dove sono i ratti dell'atomo come Veronesi e Chicco Testa? Dove si è nascosto il pregiudicato Scaroni dell'ENI? Nuclearisti delle mie balle, dove siete? Se vi illudete di annullare il referendum, far passare un anno e poi fottere di nuovo gli italiani con il ritornello del nucleare vi sbagliate. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.
Ps: Ho pubblicato il libro: "Spegniamo il nucleare. Manuale di sopravvivenza alle balle atomiche". Dopo averlo letto anche il nuclearista più convinto (se onesto) si convertirà.
Fukushima è una versione aggiornata della "Fattoria degli animali" di George Orwell dove però comandano, al posto dei maiali, i topi di fogna. Quelli che vivono lucrando sulla pelle degli altri, uomini o bestie non ha importanza. Che nascondono i rischi, che usano i media per accreditare le loro tesi, che espongono le generazioni future a un mondo desolato. I topi di fogna, quando l'aria si fa pesante, hanno l'abilità di nascondersi nel loro habitat naturale, le fogne per l'appunto. Spariscono dalla circolazione. Dove sono l'inconsapevole Scaiola, la Marcegaglia, il Fini delle centrali italiane di "ultimissima generazione", la Prestigiacomo, unico ministro dell'Ambiente nel mondo ad aver dichiarato dopo Fukushima che il nucleare andava avanti? Dove sono i ratti dell'atomo come Veronesi e Chicco Testa? Dove si è nascosto il pregiudicato Scaroni dell'ENI? Nuclearisti delle mie balle, dove siete? Se vi illudete di annullare il referendum, far passare un anno e poi fottere di nuovo gli italiani con il ritornello del nucleare vi sbagliate. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.
Ps: Ho pubblicato il libro: "Spegniamo il nucleare. Manuale di sopravvivenza alle balle atomiche". Dopo averlo letto anche il nuclearista più convinto (se onesto) si convertirà.
lunedì 25 aprile 2011
sabato 23 aprile 2011
venerdì 22 aprile 2011
Yuri Slezkine - IL SECOLO EBRAICO
L’affermazione che apre questo innovativo e provocatorio saggio è di quelle ardite: l’età moderna è l’età degli ebrei e, in particolare, il xx secolo è stato il secolo ebraico per eccellenza.
Una tale affermazione presuppone naturalmente che tra l’essere ebreo e lo spirito della modernità vi sia una profonda affinità, se non una sostanziale identità. Ma che cosa significa essere ebrei? Facendo propria una divisione antropologica del mondo in «apollinei» e «mercuriani», vale a dire in contadini e mercanti, in stanziali e nomadi, in locali e stranieri, l’autore di queste pagine offre una risposta inequivocabile: gli ebrei sono i piú grandi «mercuriani» della Storia. Un popolo senza patria, dedito alle lucrose attività del terziario, colto, eccentrico per aspetto, lingua, religione, tradizioni. E oggetto dell’odio e dell’invidia degli «apollinei» circostanti.
Alla luce di tali categorie, la stessa storia dell’umanità si rivela come la storia di una progressiva «mercurianizzazione» dell’uomo. E l’età moderna come quel punto di svolta in cui l’uomo diventa universalmente mobile, professionalmente duttile, erudito, ricco per prestigio acquisito e non per natali; diventa, insomma, ebreo.
Cruciali, come emblema stesso della modernizzazione, appaiono soprattutto gli ultimi cento anni di storia ebraica e l’esito delle tre grandi migrazioni: verso l’America, verso il nuovo Stato di Israele, verso Mosca e le altre grandi città dell’Unione Sovietica.
Nel ventennio successivo alla rivoluzione bolscevica del 1917, questa terza diaspora si rivela come quella di maggior successo. In tutta la prima metà del xx secolo, gli ebrei, ancor piú che negli Stati Uniti, prosperarono in urss, grazie alla promessa di una società nuova che osava combattere il nazionalismo, il capitalismo e l’antisemitismo che di lí a poco avrebbe partorito l’orrore nazista. Per una delle tragiche ironie della Storia, questa promessa si rivelò una crudele chimera. E, all’alba del xxi secolo, di terre promesse per il popolo ebraico non ne sono restate che due: Israele con tutti i pericoli e la precarietà della sua esistenza, e l’America, il paese moderno, competitivo e volto al successo economico. E dunque ebraico piú che mai.
La maggioranza degli ebrei vive oggi in una società «mercuriana» per eccellenza sia per fede ufficiale sia – sempre piú – per appartenenza, una società in cui non vi sono nativi riconosciuti, una società di «nomadi terziari».
Denso di intuizioni illuminanti e trasgressive, scorrevole nell’esposizione e audace nell’analisi, Il secolo ebraico è un’opera che «mira non soltanto a riformulare la nostra comprensione della questione ebraica, ma della questione moderna nel suo complesso» (Daniel Lazare).
Una tale affermazione presuppone naturalmente che tra l’essere ebreo e lo spirito della modernità vi sia una profonda affinità, se non una sostanziale identità. Ma che cosa significa essere ebrei? Facendo propria una divisione antropologica del mondo in «apollinei» e «mercuriani», vale a dire in contadini e mercanti, in stanziali e nomadi, in locali e stranieri, l’autore di queste pagine offre una risposta inequivocabile: gli ebrei sono i piú grandi «mercuriani» della Storia. Un popolo senza patria, dedito alle lucrose attività del terziario, colto, eccentrico per aspetto, lingua, religione, tradizioni. E oggetto dell’odio e dell’invidia degli «apollinei» circostanti.
Alla luce di tali categorie, la stessa storia dell’umanità si rivela come la storia di una progressiva «mercurianizzazione» dell’uomo. E l’età moderna come quel punto di svolta in cui l’uomo diventa universalmente mobile, professionalmente duttile, erudito, ricco per prestigio acquisito e non per natali; diventa, insomma, ebreo.
Cruciali, come emblema stesso della modernizzazione, appaiono soprattutto gli ultimi cento anni di storia ebraica e l’esito delle tre grandi migrazioni: verso l’America, verso il nuovo Stato di Israele, verso Mosca e le altre grandi città dell’Unione Sovietica.
Nel ventennio successivo alla rivoluzione bolscevica del 1917, questa terza diaspora si rivela come quella di maggior successo. In tutta la prima metà del xx secolo, gli ebrei, ancor piú che negli Stati Uniti, prosperarono in urss, grazie alla promessa di una società nuova che osava combattere il nazionalismo, il capitalismo e l’antisemitismo che di lí a poco avrebbe partorito l’orrore nazista. Per una delle tragiche ironie della Storia, questa promessa si rivelò una crudele chimera. E, all’alba del xxi secolo, di terre promesse per il popolo ebraico non ne sono restate che due: Israele con tutti i pericoli e la precarietà della sua esistenza, e l’America, il paese moderno, competitivo e volto al successo economico. E dunque ebraico piú che mai.
La maggioranza degli ebrei vive oggi in una società «mercuriana» per eccellenza sia per fede ufficiale sia – sempre piú – per appartenenza, una società in cui non vi sono nativi riconosciuti, una società di «nomadi terziari».
Denso di intuizioni illuminanti e trasgressive, scorrevole nell’esposizione e audace nell’analisi, Il secolo ebraico è un’opera che «mira non soltanto a riformulare la nostra comprensione della questione ebraica, ma della questione moderna nel suo complesso» (Daniel Lazare).
«Imbattersi in un lavoro audace, originale e ampio della storia in quest’era di vedute ristrette non è soltanto un evento ben accolto; è quasi sensazionale».
Walter Laquer, Los Angeles Times
«Illuminante… Il secolo ebraico è la storia su scala maestosa… La chiarezza d’analisi è straordinaria e gli strumenti concettuali relativamente semplici che Slezkine fornisce sono inaspettatamente potenti».
Noah Efron, Jerusalem Report
«Lo studio storico piú riuscito e ambizioso dopo Il Mediterraneo di Braudel».
L’Express
Walter Laquer, Los Angeles Times
«Illuminante… Il secolo ebraico è la storia su scala maestosa… La chiarezza d’analisi è straordinaria e gli strumenti concettuali relativamente semplici che Slezkine fornisce sono inaspettatamente potenti».
Noah Efron, Jerusalem Report
«Lo studio storico piú riuscito e ambizioso dopo Il Mediterraneo di Braudel».
L’Express
giovedì 21 aprile 2011
Alain Finkielkraut - UN CUORE INTELLIGENTE
«Della letteratura non abbiamo bisogno per imparare a leggere. Ne abbiamo bisogno per sottrarre il mondo reale alle letture sommarie». È proprio questa la convinzione che ispira ad Alain Finkielkraut l’appassionato esercizio critico di Un cuore intelligente: raccontare nove tra i più notevoli libri della modernità svelando l’immensa sapienza che lì si cela. Perché la risposta alle grandi domande – «Che cos’è la civiltà? Che cos’è l’arte? Che cosa sono l’ideale e la grazia?» – non può che essere «una risposta narrativa». Rileggendo Tutto scorre... di Vasilij Grossman o La macchia umana di Philip Roth, Lo scherzo di Milan Kundera o Il pranzo di Babette di Karen Blixen, Lord Jim di Joseph Conrad o Washington Square di Henry James, Finkielkraut, che da anni va smascherando le ingiustificate certezze dell’Occidente, si propone di scrutare la realtà incarnata nei particolari e spesso redenta dall’ironia – e, soprattutto, di trovare una chiave per decifrare gli «enigmi del mondo». E con la sua suite di letture ci invita a svincolarci da molteplici trappole, della ragione e del sentimento, per lasciarci educare, tramite la parola letteraria, alla «perspicacia affettiva». Solo così ci verrà concesso quel «cuore intelligente» che re Salomone invocava dall’Eterno, stimandolo più prezioso di ogni altro bene.
mercoledì 20 aprile 2011
Carmelo Abbate - SEX AND THE VATICAN
Parte dal racconto di una festa molto speciale, e da un’inchiesta che ha catturato l’attenzione dei media di tutto il mondo – da Newsweek al Washington Post, dalla Cbs al Guardian, dalla Bbc a France 2, da El Mundo alla Pravda, fino alla tv iraniana – questo viaggio segreto nel Regno dei Casti. Un’inattaccabile indagine da undercover reporter che ha avuto enorme eco e ha provocato la reazione del Vaticano, che con una nota ufficiale del Vicariato di Roma ha invitato i preti coinvolti a «uscire allo scoperto».
Proprio in quei giorni caldi, Carmelo Abbate continuava il suo lavoro da “infiltrato”, un lavoro che si è protratto per diversi mesi e dalla Città Eterna si è allargato a molte altre città italiane, e quindi oltre confine. Il risultato è un reportage ricco di rivelazioni, dialoghi serrati, dati, incontri segreti, testimonianze, a volte dolenti, spesso sconcertanti.
Sacerdoti di ogni nazionalità che si dividono tra le stanze di via della Conciliazione e la movida della Roma by night. Preti dalla doppia vita. Esperienze di escort e chat. Seminaristi e suore che vivono di nascosto la propria sessualità, sia etero che omosessuale. Il problema dei figli dei sacerdoti e delle loro madri, che hanno inviato a papa Benedetto XVI un documento segreto per raccontare la loro difficile condizione. Sacerdoti che testimoniano il loro disagio, o che hanno scelto di gettare la tonaca alle ortiche. L’ossessione sessuofobica e l’«invincibile richiamo del peccato». Prelati rimasti invischiati nelle retate anti-prostituzione. Storie di aborti clandestini e richieste di adozioni per liberarsi dei “frutti del peccato”. E poi soldi, tanti, per comprare il silenzio delle amanti o per accompagnare la crescita di bambini “scomodi”.Un’inchiesta documentata, esclusiva, esplosiva.
Proprio in quei giorni caldi, Carmelo Abbate continuava il suo lavoro da “infiltrato”, un lavoro che si è protratto per diversi mesi e dalla Città Eterna si è allargato a molte altre città italiane, e quindi oltre confine. Il risultato è un reportage ricco di rivelazioni, dialoghi serrati, dati, incontri segreti, testimonianze, a volte dolenti, spesso sconcertanti.
Sacerdoti di ogni nazionalità che si dividono tra le stanze di via della Conciliazione e la movida della Roma by night. Preti dalla doppia vita. Esperienze di escort e chat. Seminaristi e suore che vivono di nascosto la propria sessualità, sia etero che omosessuale. Il problema dei figli dei sacerdoti e delle loro madri, che hanno inviato a papa Benedetto XVI un documento segreto per raccontare la loro difficile condizione. Sacerdoti che testimoniano il loro disagio, o che hanno scelto di gettare la tonaca alle ortiche. L’ossessione sessuofobica e l’«invincibile richiamo del peccato». Prelati rimasti invischiati nelle retate anti-prostituzione. Storie di aborti clandestini e richieste di adozioni per liberarsi dei “frutti del peccato”. E poi soldi, tanti, per comprare il silenzio delle amanti o per accompagnare la crescita di bambini “scomodi”.Un’inchiesta documentata, esclusiva, esplosiva.
martedì 19 aprile 2011
LA BATCAVERNA
Eccola, la Bat-caverna. Altro che laboratorio. Altro che showroom. Il superloft di Gabriele Moratti in via Airaghi 30 a Milano non è più un immobile industriale (come imporrebbe la destinazione d’uso), né è mai stato uno spazio commerciale (come ha tentato di far credere il figlio del sindaco). È l’abitazione ultra-tecnologica del Morattino, con zone soggiorno, cucina, area party, camere padronali, camere per gli ospiti, servizi, giardino, piscina, palestra, poligono di tiro, parcheggio auto e ponte levatoio. Lo dimostra il video-documento che presentiamo: un “rendering”, come dicono gli architetti, cioè una presentazione di Casa Moratti a fine lavori.
Un abuso edilizio è sempre un abuso. Ma se a commetterlo è il figlio del sindaco, allora diventa anche un problema politico. Soprattutto se il primo cittadino prima nega, poi minimizza, infine scarica tutto sul figlio, come se non ne sapesse niente. “Sono stata a casa di mio figlio solo un paio di volte”: così è sfuggito a Letizia Moratti, che si è subito corretta: “Nell’immobile di mio figlio”. In realtà c’è andata più volte. Non solo: l’ha frequentata anche durante i lavori di ristrutturazione. A fine 2009, andava nella casa del figlio a fare il bagno in piscina, perché l’acqua della Bat-caverna è salina e dunque faceva molto bene a un suo polso dolorante. Allora la palazzina era ancora un cantiere ma, quando arrivava l’auto blu del sindaco, i 15 operai uscivano e, per un paio d’ore, lasciavano tranquilla Lady Letizia. A mollo nella Bat-piscina.
L’abuso edilizio, naturalmente, avrebbe dovuto rimanere segreto. Invece è emerso perché l’azienda che ha realizzato una parte dei lavori, la Hilite, ha avviato una causa civile nei confronti di Gabriele Moratti il quale, insoddisfatto dei lavori, si era rifiutato di pagare il conto. È poi seguita un’indagine penale sugli eventuali reati urbanistici, avviata dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo, che in questa vicenda si è assunto il ruolo del Joker e ha chiesto l’azzeramento delle opere ritenute abusive, fino a ripristinare la situazione iniziale del capannone di via Airaghi.
Il titolare della Hilite, Matteo Pavanello, aveva ricevuto da Gabriele Moratti due incarichi: per 380 mila euro attraverso la società Brera 30 e per 250 mila euro attraverso Hilite. Ha ricevuto solo una parte dei pagamenti, attraverso due assegni firmati da Gianmarco Moratti, padre di Gabriele e marito di Letizia. Il valore totale dei lavori della Bat-caverna, dalle opere in muratura agli interventi tecnologici fino agli arredi, si aggira attorno ai 4 milioni di euro.
L’abuso edilizio, naturalmente, avrebbe dovuto rimanere segreto. Invece è emerso perché l’azienda che ha realizzato una parte dei lavori, la Hilite, ha avviato una causa civile nei confronti di Gabriele Moratti il quale, insoddisfatto dei lavori, si era rifiutato di pagare il conto. È poi seguita un’indagine penale sugli eventuali reati urbanistici, avviata dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo, che in questa vicenda si è assunto il ruolo del Joker e ha chiesto l’azzeramento delle opere ritenute abusive, fino a ripristinare la situazione iniziale del capannone di via Airaghi.
Il titolare della Hilite, Matteo Pavanello, aveva ricevuto da Gabriele Moratti due incarichi: per 380 mila euro attraverso la società Brera 30 e per 250 mila euro attraverso Hilite. Ha ricevuto solo una parte dei pagamenti, attraverso due assegni firmati da Gianmarco Moratti, padre di Gabriele e marito di Letizia. Il valore totale dei lavori della Bat-caverna, dalle opere in muratura agli interventi tecnologici fino agli arredi, si aggira attorno ai 4 milioni di euro.
lunedì 18 aprile 2011
Dionigi Tettamanzi - OMELIA
«Ad esempio, per stare all’attualità: perché ci sono uomini che fanno la guerra, ma non vogliono si definiscano come “guerra” le loro decisioni, le scelte e le azioni violente? Perché molti agiscono con ingiustizia, ma non vogliono che la giustizia giudichi le loro azioni? E ancora: perché tanti vivono arricchendosi sulle spalle dei paesi poveri, ma poi si rifiutano di accogliere coloro che fuggono dalla miseria e vengono da noi chiedendo di condividere un benessere costruito proprio sulla loro povertà?».
sabato 16 aprile 2011
George Gordon Byron - LA FELICITA'
Chiunque voglia la felicità deve condividerla; la gioia è un parto gemellare.
ITALO BOCCHINO
Ci si può davvero fidare dei Finiani, oggi transfughi dal partito azienda, che per anni hanno votato a schiena curva le peggiori leggi in favore del sultano? Sarebbe questa la “destra europea e repubblicana” tanto auspicata pure dai benpensanti di sinistra? Con rara coerenza Italo Bocchino, uomo immagine di “Futuro e LIbertà”, interpellato da Duccio, rivendica ogni scelta del passato. Prima del “processo breve”, secondo lui, non ci fu nessuna legge su misura. Nessunissima. La prossima volta gli domanderemo se rivoterebbe pure la porcata elettorale e la controriforma della Costituzione: insuperati esempi di manipolazione delle regole fndamentali a colpi di maggioranza. Si prepari bene, però: il suo leader Gianfranco Fini ora ricorda quelle leggi, che l’ex An votò compatta, come storture antidemocratiche.
venerdì 15 aprile 2011
GIULIANO FERRARA E GLI OMICIDI DELLA PARTITOCRAZIA
Giuliano Ferrara in un suo Radio Londra (certo che ci vuole una bella faccia di bronzo, quella di Ferrara, per intitolare un programmino dichiaratamente di regime che va in coda al più berlusconiano dei Tg Rai a una radio che fu il simbolo dell’opposizione al fascismo) ha di fatto addebitato al pubblico ministero De Pasquale, che si è recentemente occupato del caso concussione-Ruby, la morte dell’ex presidente dell’Eni Gabriele Cagliari avvenuta in carcere per suicidio e ad altri magistrati eventi simili, come i suicidi di Moroni e di Gardini. Di questi casi si è fatto sempre un gran parlare non tanto per pietas verso questi uomini, che il suicidio riscatta ma non assolve, ma per gettar ombre e fango sull’attività dei magistrati anche se, evidentemente, non si può fermare davanti ai possibili contraccolpi psicologici degli indagati, si chiamino Cagliari o Bianchi, perché altrimenti si paralizzerebbe.
Pochissimo, anzi niente, si è invece parlato di quelli che io chiamo gli “omicidi bianchi” e cioè i suicidi o le lente, inesorabili, emarginazioni, che son peggio dei suicidi, cui sono state spinte le persone che han visto stroncate le loro legittime ambizioni o la loro carriera dal sistema tangentizio, clientelare, partitocratico e che sono le vere “vittime di Tangentopoli”. È il caso, per esempio, di un piccolo imprenditore di Desio, Ambrogio Mauri, che non aveva voluto stare al gioco della corruzione, il quale si tolse la vita nel maggio del 1997 lasciando al figlio Carlo una lettera in cui scriveva: “Dopo Mani Pulite tutto è tornato come prima… l’onestà non paga, la correttezza e la trasparenza non pagano, il rispetto di se stessi e della propria dignità non pagano”. Mauri, come aveva ricordato il figlio, “aveva visto scomparire i valori che gli avevano insegnato e in cui aveva creduto”.
Naturalmente quello di Ambrogio Mauri è un caso limite, anche se non unico, non tutti gli imprenditori onesti e in generale le persone oneste, si suicidano per disperazione. Però è la punta dell’iceberg di un fenomeno vastissimo che ho chiamato appunto gli “omicidi bianchi” della partitocrazia, bianchi perché non si vedono. Si tratta delle vite mortificate, nelle loro speranze, nelle loro aspirazioni, nelle loro legittime ambizioni da una partitocrazia che spinge ai margini estremi chi rifiuta di affiliarsi, di sottomettersi ad umilianti infeudamenti, di rinunciare alla propria dignità.
Gabriele Cagliari si è ucciso ma Cagliari e tutti quelli come lui, boiardi di Stato affiliati a questo o quel partito, mentre stroncavano, come ancora oggi stroncano, carriere per favorire i propri adepti, uccidevano, sia pur lentamente, sia pur non fisicamente ma psicologicamente ed esistenzialmente. E quello che è avvenuto, e tuttora avviene nel campo dell’imprenditoria, vale per ogni altro settore. C’è anche la storia, che cito solo a titolo emblematico perché infinite sono le vicende di questo genere, di quella solista del Teatro dell’Opera di Roma, Lucia Colognato, che non era stata promossa prima ballerina perché le erano state preferite due colleghe, una sponsorizzata dall’allora Pci, l’altra dalla Dc, mentre lei ballava solo sulle sue gambe. Colognato fece ricorso al Consiglio di Stato e lo vinse. Ma quando ormai non era più tempo di ballare.
Sono passati gli anni, si sono succeduti governi, di destra e di sinistra, ma, come scriveva Mauri, nulla è cambiato. Si pensa sempre ai Cagliari, che di nessun altro furono vittima se non di se stessi, perché è per loro volontà e responsabilità – e non per la malvagità dei pubblici ministeri – che si sono andati a cacciare in situazioni che poi non sono stati in grado emotivamente di sostenere e non si pensa mai alle migliaia, le decine di migliaia di vite che i tanti Cagliari e il sistema corrotto di cui sono complici e usufruttuari hanno umiliato, castrato, reso prive di senso e, alla fine, spento.
IN MEMORIA DI VITTORIO ARRIGONI
“Prendi dei gattini, dei teneri micetti e mettili dentro una scatola” mi dice Jamal, chirurgo dell’ospedale Al Shifa, il principale di Gaza, mentre un infermiere pone per terra dinnanzi a noi proprio un paio di scatoloni di cartone, coperti di chiazze di sangue. “Sigilla la scatola, quindi con tutto il tuo peso e la tua forza saltaci sopra sino a quando senti scricchiolare gli ossicini, e l’ultimo miagolio soffocato.” Fisso gli scatoloni attonito, il dottore continua “Cerca ora di immaginare cosa accadrebbe subito dopo la diffusione di una scena del genere, la reazione giustamente sdegnata dell’opinione pubblica mondiale, le denunce delle organizzazioni animaliste…” il dottore continua il suo racconto e io non riesco a spostare un attimo gli occhi da quelle scatole poggiate dinnanzi ai miei piedi. “Israele ha rinchiuso centinaia di civili in una scuola come in una scatola, decine di bambini, e poi la schiacciata con tutto il peso delle sue bombe. E quale sono state le reazioni nel mondo? Quasi nulla. Tanto valeva nascere animali, piuttosto che palestinesi, saremmo stati più tutelati.”
A questo punto il dottore si china verso una scatola, e me la scoperchia dinnanzi. Dentro ci sono contenuti gli arti mutilati, braccia e gambe, dal ginocchio in giù o interi femori, amputati ai feriti provenienti dalla scuola delle Nazioni Unite Al Fakhura di Jabalia, più di cinquanta finora le vittime. Fingo una telefonata urgente, mi congedo da Jamal, in realtà mi dirigo verso i servizi igienici, mi piego in due e vomito.
A questo punto il dottore si china verso una scatola, e me la scoperchia dinnanzi. Dentro ci sono contenuti gli arti mutilati, braccia e gambe, dal ginocchio in giù o interi femori, amputati ai feriti provenienti dalla scuola delle Nazioni Unite Al Fakhura di Jabalia, più di cinquanta finora le vittime. Fingo una telefonata urgente, mi congedo da Jamal, in realtà mi dirigo verso i servizi igienici, mi piego in due e vomito.
Vittorio Arrigoni, Gaza, 8 gennaio 2009
(Grazie ad Alina F. per la segnalazione)
(Grazie ad Alina F. per la segnalazione)
giovedì 14 aprile 2011
TEORIA E PRATICA
Concentrazione di potere, riduzione di partecipazione, controllo, rappresentanza.
E’ il fenomeno che ogni giorno andiamo denunciando e che, giorno dopo giorno, di abuso in abuso, da circa vent’anni si aggrava. L’analisi teorica di Giorgio Napolitano è quella giusta, la sua condotta di Garante delle regole non sempre adeguata.
E’ il fenomeno che ogni giorno andiamo denunciando e che, giorno dopo giorno, di abuso in abuso, da circa vent’anni si aggrava. L’analisi teorica di Giorgio Napolitano è quella giusta, la sua condotta di Garante delle regole non sempre adeguata.
“Nulla, infatti, potrebbe essere piu’ lontano dall’idea di una democrazia temperata e funzionante dell’idea di un corpo sociale indistinto, in grado di esprimersi solo elettoralmente, cui corrispondano ristrette oligarchie dotate di poteri economici e sociali senza contrappesi, resi piu’ insidiosi dagli effetti del progresso tecnologico, impensabili solo sessanta anni fa”.
Giorgio Napolitano, 13 aprile 2011
Charlotte Link - IL PECCATO DELL'ANGELO
Per la prima volta da quando si era trasferita in Germania, Janet Beerbaum si sente diversa: libera, senza passato e senza futuro, senza vincoli e impegni. Il suo viaggio nel Kent finalmente la fa sentire a casa, nel suo ambiente e con la gente giusta. Ritrovare a Londra Andrew, l’ispettore di polizia di cui era da sempre innamorata, la farà sentire, dopo tanti anni, una donna ancora in grado di amare e di essere amata. Eppure Janet sa di avere delle grosse responsabilità nei confronti della famiglia che ha creato, verso Phillip, suo marito, uomo mite e sempre disponibile, e verso Mario e Max, i suoi affascinanti e inseparabili gemelli, che però le causano non poche preoccupazioni...
Andrew non può aiutarla, né può indagare sulle cause che l’hanno spinta a ritornare da lui: qualcosa gli impedisce di comprendere qual è il tipo di relazione in cui ora Janet lo vuole coinvolgere, ma il suo istinto di poliziotto e la sua ostinazione gli suggeriscono di indagare a fondo. Qual è il segreto di Janet? Da che cosa sta scappando? Perché appare così turbata quando lui le racconta dell’assassino che ha catturato e che sta per essere processato? E, soprattutto, quando viene a sapere che Mario è in Provenza in vacanza con la sua ragazza, l’equilibrio che Janet si era imposta comincia precipitosamente a frantumarsi. Un turbine di eventi sconvolgerà la vita di tutti, il passato tornerà imperioso a saldare i conti, ma fino a che punto Janet si spingerà per salvaguardare le persone che ama veramente?
Andrew non può aiutarla, né può indagare sulle cause che l’hanno spinta a ritornare da lui: qualcosa gli impedisce di comprendere qual è il tipo di relazione in cui ora Janet lo vuole coinvolgere, ma il suo istinto di poliziotto e la sua ostinazione gli suggeriscono di indagare a fondo. Qual è il segreto di Janet? Da che cosa sta scappando? Perché appare così turbata quando lui le racconta dell’assassino che ha catturato e che sta per essere processato? E, soprattutto, quando viene a sapere che Mario è in Provenza in vacanza con la sua ragazza, l’equilibrio che Janet si era imposta comincia precipitosamente a frantumarsi. Un turbine di eventi sconvolgerà la vita di tutti, il passato tornerà imperioso a saldare i conti, ma fino a che punto Janet si spingerà per salvaguardare le persone che ama veramente?
mercoledì 13 aprile 2011
martedì 12 aprile 2011
FUKUSHIMA FORZA 7
L'allarme a Fukushima è arrivato al livello 7. Lo stesso di Chernobyl. Lo ha detto la Tepco. Quando lo denunciavano Greenpeace e altre organizzazioni si poteva dubitare. Ora non più. Fukushima ha acceso la spia di sorpasso rispetto a Chernobyl. Ma dopo il livello 7 che altro c'è? Cosa ci aspetta? C'è un livello 8, un livello 9? Lo sapremo solo vivendo. Un disastro nucleare, ambientale di questa portata non è mai successo nella Storia. Ipotesi verosimili prevedono una contaminazione sempre più estesa verso la grande Tokyo. In questo caso si dovrebbero sfollare 35 milioni di persone. Il Giappone si trasformerebbe in una Nuova Atlantide alla luce del sole. Il nocciolo sta fondendo. Sta penetrando nel terreno e se incontrerà delle falde acquifere esploderà rilasciando nell'aria una nuvola da far impallidire "La Nuvola nera" del romanzo di Fred Hoyle. La nuvola andrà dove la porterà il vento, in Corea e in Cina oppure in California dove sono già state trovate tracce di radioattività nel latte. Fukushima non è un problema dei giapponesi, è un problema dell'umanità. L'ONU ha trovato il tempo per far bombardare la Libia, ma non per affrontare le conseguenze di Fukushima. Il mondo è dominato da lobby a scopo di lucro. Il nucleare rende bene, così bene che Fukushima è scomparso dall'informazione. Non sta bene parlare del morto in casa, fa scappare i clienti e gli inserzionisti, come l'ENI e l'Enel, per fare degli esempi, o il codazzo delle imprese che fa riferimento a Scajola e alla Marcegaglia. Una parte del Giappone è morta per sempre. Fa impressione sentire queste parole: "Per sempre", le sentiamo, ma istintivamente le respingiamo, non ci crediamo. Oggi pubblichiamo un video giapponese, un viaggio nell'Inferno intorno a Fukushima, dove tutto è silenzio, un immenso cimitero nucleare senza segni di vita, per decine e decine di chilometri.
Ernesto Burgio e Angelo Baracca mi hanno inviato una lettera contro le affermazioni di Veronesi, l'irresponsabile sponsor del Pdmenoelle del nucleare, nonché suo ex senatore. Veronesi deve dimettersi dall'Agenzia per la sicurezza nucleare italiana. Lo faccia per noi e per il suo passato.
La sicumera di Veronesi (espandi | comprimi)
L’intervista rilasciata da Umberto Veronesi a La Stampa lascia allibiti per la sicumera con cui il professore si lascia andare ad affermazioni prive di supporto scientifico, rischiando di banalizzare una tematica estremamente complessa e di condizionare con la propria “autorità” l’opinione pubblica, sempre più costretta a subire l’offensiva mediatica della potente lobby nuclearista.
Non ci è possibile ribattere in poche righe e in questa sede la lunga serie di affermazioni discutibili messe in campo dal professore: ci limiteremo a contestare alcuni passaggi di quella che appare come una superficiale apologia della fonte energetica in assoluto più dispendiosa e pericolosa per la salute umana. Una fonte che non alleggerirebbe in alcun modo la dipendenza dal petrolio, poiché oggi solo il 5% dell’energia elettrica è generata con questa fonte, che è usata per la maggior parte nei trasporti e nell’industria e non può essere sostituita dal nucleare, con cui si produce solo energia elettrica. Tanto più che negli ultimi 10 anni, in Italia, è stata installata nuova potenza elettrica equivalente a ben 12-15 reattori nucleari (ed ulteriore potenza è in attesa di autorizzazione), senza che questo abbia portato alcun beneficio agli utenti: perché produrre elettricità nel nostro paese è oggi soltanto business e l’eventuale “ritorno” al nucleare sarebbe un enorme business di pochi a danni di molti. è inoltre probabile che l’uranio si esaurirà prima dei combustibili fossili, ai ritmi di consumo attuali (per cui è assurdo parlare di centrali in grado di operare per 60 anni): figuriamoci poi se vi fosse un rilancio del nucleare. Ma per fortuna anche questa è una colossale favola. Basterebbe leggere i più autorevoli giornali internazionali per sapere che la strombazzata rinascita nucleare non esiste, a causa dei costi fuori controllo, dei problemi, delle incognite, dei ritardi nei tempi di costruzione; che gli Usa hanno in costruzione un solo reattore (un secondo è stato cancellato), mentre in Europa gli unici due in costruzione (in Finlandia e in Francia) procedono tra mille intoppi, che hanno già causato un raddoppio dei costi e dei tempi. Il fosco avvenire che Veronesi dipinge in assenza del nucleare non impensierisce Paesi come l’Austria, la Danimarca ed altri, che escludono il ricorso a questa fonte e puntano all’autosufficienza energetica con le fonti rinnovabili (quelle fonti che L’Europa si prodiga a sviluppare mentre il nostro Governo, con grande e più che sospetta puntualità, si prodiga a disincentivare). è invece noto a tutti gli esperti che tanto la Germania che la Francia, optano per prolungare la vita operativa dei reattori esistenti: una scelta estremamente rischiosa, perché l’invecchiamento aumenta le probabilità di incidenti (è stata segnalata un’anomalia all’impianto d’emergenza in ben 34 reattori francesi, in funzione da 30 anni, che potrebbe rendere insufficiente il raffreddamento in caso di incidente, e causare fino alla fusione del nocciolo!) anche perché il bombardamento neutronico mina le strutture.
Incidenti nucleari in aumento (anche in Francia) (espandi | comprimi)
E infatti gli incidenti alle centrali sono in aumento in tutti i paesi (altro dato che il Professore evidentemente non conosce o trascura): al punto che persino in Francia, che rappresenta nell’immaginario collettivo il paese del “grande consenso” al nucleare civile e militare, stanno crescendo i dubbi e le ansie, dopo che alcuni sevizi televisivi sono riusciti a divulgare i dati concernenti il quadro preoccupante della contaminazione radioattiva del territorio. Ma l’aspetto più disarmante è la leggerezza con cui colui che il redattore di La Stampa definisce il più famoso medico d’Italia considera gli effetti biologico-sanitari della radioattività. Un incidente nucleare grave è in grado di contaminare un intero emisfero: eppure Veronesi “liquida” con poche battute persino la catastrofe di Chernobyl, così affiancando quei “nuclearisti” che a fronte di una realtà drammatica, costituita da città fantasma e da migliaia di casi accertati di tumori infantili a carico di tiroide e midollo, sono tuttora capaci di sostenere che le vittime del disastro sarebbero poche decine. Dimenticando che scienziati e ricercatori di chiara fama, che hanno dedicato la loro vita a documentare gli effetti di una nube radioattiva che ha colpito non solo URSS, Ucraina e Bielorussia, ma l’Europa intera, parlano di un milione di vittime! Come può un oncologo accettare di dirigere un’Agenzia per la Sicurezza del Nucleare, ignorando o trascurando questi studi? Come può il professor Veronesi non sapere che già negli anni ’90 solo in Bielorussia e Ucraina i casi accertati di carcinoma infantile della tiroide furono quasi 1.000 (con un incremento di 30 volte e addirittura di 100 volte nelle zone più vicine a Chernobyl). Come può non sapere che da alcuni anni aumentano, in molti altri Paesi europei, le segnalazioni di incrementi di leucemie infantili direttamente correlate alla dispersione di isotopi radioattivi del cesio che permangono in ambiente e catene alimentari per decenni? Come può un oncologo di chiara fama non sapere che alcuni ricercatori russi hanno pubblicato, su riviste prestigiose come Science e Nature, i risultati di studi e ricerche che dimostrano come i figli dei cosiddetti “liquidatori” di Chernobyl, siano portatori di alti tassi di mutazioni: un dato che può chiarire non soltanto i dati, lungamente contestati, concernenti l’incremento di leucemie in bambini nati da genitori residenti nei dintorni di impianti nucleari inglesi, ma anche e soprattutto i risultati allarmanti di un recente studio tedesco, noto con l’acronimo KIKK (Kinderkrebs in der Umgebung von KernKraftwerken, Cancro infantile nei dintorni delle centrali nucleari), che ha descritto 1.592 casi di tumori solidi (molti dei quali di origine embrionale) e 593 leucemie infantili in bambini di età inferiore a 5 anni, residenti negli anni 1980-2003 nei dintorni delle 16 centrali tedesche. Tanto più che importanti studi scientifici documentano il rilascio di isotopi radioattivi (trizio, cripto, ecc) in ambiente e catene alimentari durante il normale funzionamento delle centrali e che l’introduzione di materiale radioattivo per via alimentare in piccole dosi quotidiane, rappresenta con ogni probabilità la modalità di esposizione più pericolosa, anche perché collettiva e difficilmente valutabile.
Residui nucleari italiani, una bolletta da 400 milioni all'anno (espandi | comprimi)
E infine il “banale” problema dei residui nucleari, che costa ancora agli italiani 400 milioni di euro l’anno (almeno 10 miliardi dal 1987, e chissà per quanti anni ancora). Come può il professore non sapere che nessun Paese al mondo ha ancora trovato una soluzione per il problema delle scorie nucleari e che depositi geologici sicuri esistono solo nell’immaginazione di alcuni “nuclearisti”; che Yucca Mountain dopo decenni di lavori e milioni di dollari spesi è stato definitivamente accantonato,e gli americani non sanno più dove mettere gli enormi quantitativi di combustibile esausto sparsi in una settantina di siti; che nel deposito di Asse in Germania si sono trovate (solo ora !) infiltrazioni d’acqua che minacciano un vero disastro e richiederanno spese colossali per il recupero e il trasferimento (dove?) dei fusti. A questo proposito, in verità, il professore una soluzione la propone: sostiene che si tenderebbe a individuare un unico sito per Continente e che, per fortuna, l’Italia non sarebbe stata individuata quale sito ideale di questo stoccaggio. Speriamo che chi ha dato queste informazioni al prof. Veronesi non intendesse far riferimento a quella che taluni soggetti prospettano come l’unica soluzione possibile per materiali che rischiano di inquinare l’intera ecosfera per millenni (non è certo consolante il fatto che il continente designato a discarica planetaria non sarebbe in tal caso né l’Europa, né il Nordamerica). è facile prevedere che nei prossimi giorni si scateneranno le critiche contro un “oncologo famoso” che non si perita di fare affermazioni pubbliche tacciabili quantomeno di leggerezza. Alcuni probabilmente arriveranno ad accusarlo di inconfessabili conflitti d’interesse (in questo caso particolarmente gravi, visto il ruolo di garante della salute pubblica che il professore ha accettato di ricoprire). Noi siamo convinti che molte delle cose che abbiamo elencate il professor Veronesi non le sappia davvero e che ciò sia comprensibile in una persona che non si è mai occupata di questa materia. Siamo però anche convinti che il permanere in una simile condizione di “ignoranza” sarebbe pericoloso e rischierebbe di nuocere gravemente alla figura di un medico famoso, che anche in quest’ultima intervista afferma come proprio valore assoluto la certezza che i rischi per la salute siano minimi e di voler dedicare i prossimi anni ad assicurare i cittadini che non correrebbero alcun rischio.
Ps: Le "Facce da nucleare" dell'opposizione che si sono assentate alla votazione per l'accorpamento del referendum con le elezioni amministrative sono: Capano, Cimadoro, Ciriello, D'Antona, Farina, Fassino, Fedi, Gozi, Madia, Mastromauro, Porcino, Samperi.
- Scarica il volantino delle "Facce da nucleare" e diffondilo
- Partecipa a "Spegni il nucleare" con il referendum su FB
Ernesto Burgio e Angelo Baracca mi hanno inviato una lettera contro le affermazioni di Veronesi, l'irresponsabile sponsor del Pdmenoelle del nucleare, nonché suo ex senatore. Veronesi deve dimettersi dall'Agenzia per la sicurezza nucleare italiana. Lo faccia per noi e per il suo passato.
La sicumera di Veronesi (espandi | comprimi)
L’intervista rilasciata da Umberto Veronesi a La Stampa lascia allibiti per la sicumera con cui il professore si lascia andare ad affermazioni prive di supporto scientifico, rischiando di banalizzare una tematica estremamente complessa e di condizionare con la propria “autorità” l’opinione pubblica, sempre più costretta a subire l’offensiva mediatica della potente lobby nuclearista.
Non ci è possibile ribattere in poche righe e in questa sede la lunga serie di affermazioni discutibili messe in campo dal professore: ci limiteremo a contestare alcuni passaggi di quella che appare come una superficiale apologia della fonte energetica in assoluto più dispendiosa e pericolosa per la salute umana. Una fonte che non alleggerirebbe in alcun modo la dipendenza dal petrolio, poiché oggi solo il 5% dell’energia elettrica è generata con questa fonte, che è usata per la maggior parte nei trasporti e nell’industria e non può essere sostituita dal nucleare, con cui si produce solo energia elettrica. Tanto più che negli ultimi 10 anni, in Italia, è stata installata nuova potenza elettrica equivalente a ben 12-15 reattori nucleari (ed ulteriore potenza è in attesa di autorizzazione), senza che questo abbia portato alcun beneficio agli utenti: perché produrre elettricità nel nostro paese è oggi soltanto business e l’eventuale “ritorno” al nucleare sarebbe un enorme business di pochi a danni di molti. è inoltre probabile che l’uranio si esaurirà prima dei combustibili fossili, ai ritmi di consumo attuali (per cui è assurdo parlare di centrali in grado di operare per 60 anni): figuriamoci poi se vi fosse un rilancio del nucleare. Ma per fortuna anche questa è una colossale favola. Basterebbe leggere i più autorevoli giornali internazionali per sapere che la strombazzata rinascita nucleare non esiste, a causa dei costi fuori controllo, dei problemi, delle incognite, dei ritardi nei tempi di costruzione; che gli Usa hanno in costruzione un solo reattore (un secondo è stato cancellato), mentre in Europa gli unici due in costruzione (in Finlandia e in Francia) procedono tra mille intoppi, che hanno già causato un raddoppio dei costi e dei tempi. Il fosco avvenire che Veronesi dipinge in assenza del nucleare non impensierisce Paesi come l’Austria, la Danimarca ed altri, che escludono il ricorso a questa fonte e puntano all’autosufficienza energetica con le fonti rinnovabili (quelle fonti che L’Europa si prodiga a sviluppare mentre il nostro Governo, con grande e più che sospetta puntualità, si prodiga a disincentivare). è invece noto a tutti gli esperti che tanto la Germania che la Francia, optano per prolungare la vita operativa dei reattori esistenti: una scelta estremamente rischiosa, perché l’invecchiamento aumenta le probabilità di incidenti (è stata segnalata un’anomalia all’impianto d’emergenza in ben 34 reattori francesi, in funzione da 30 anni, che potrebbe rendere insufficiente il raffreddamento in caso di incidente, e causare fino alla fusione del nocciolo!) anche perché il bombardamento neutronico mina le strutture.
Incidenti nucleari in aumento (anche in Francia) (espandi | comprimi)
E infatti gli incidenti alle centrali sono in aumento in tutti i paesi (altro dato che il Professore evidentemente non conosce o trascura): al punto che persino in Francia, che rappresenta nell’immaginario collettivo il paese del “grande consenso” al nucleare civile e militare, stanno crescendo i dubbi e le ansie, dopo che alcuni sevizi televisivi sono riusciti a divulgare i dati concernenti il quadro preoccupante della contaminazione radioattiva del territorio. Ma l’aspetto più disarmante è la leggerezza con cui colui che il redattore di La Stampa definisce il più famoso medico d’Italia considera gli effetti biologico-sanitari della radioattività. Un incidente nucleare grave è in grado di contaminare un intero emisfero: eppure Veronesi “liquida” con poche battute persino la catastrofe di Chernobyl, così affiancando quei “nuclearisti” che a fronte di una realtà drammatica, costituita da città fantasma e da migliaia di casi accertati di tumori infantili a carico di tiroide e midollo, sono tuttora capaci di sostenere che le vittime del disastro sarebbero poche decine. Dimenticando che scienziati e ricercatori di chiara fama, che hanno dedicato la loro vita a documentare gli effetti di una nube radioattiva che ha colpito non solo URSS, Ucraina e Bielorussia, ma l’Europa intera, parlano di un milione di vittime! Come può un oncologo accettare di dirigere un’Agenzia per la Sicurezza del Nucleare, ignorando o trascurando questi studi? Come può il professor Veronesi non sapere che già negli anni ’90 solo in Bielorussia e Ucraina i casi accertati di carcinoma infantile della tiroide furono quasi 1.000 (con un incremento di 30 volte e addirittura di 100 volte nelle zone più vicine a Chernobyl). Come può non sapere che da alcuni anni aumentano, in molti altri Paesi europei, le segnalazioni di incrementi di leucemie infantili direttamente correlate alla dispersione di isotopi radioattivi del cesio che permangono in ambiente e catene alimentari per decenni? Come può un oncologo di chiara fama non sapere che alcuni ricercatori russi hanno pubblicato, su riviste prestigiose come Science e Nature, i risultati di studi e ricerche che dimostrano come i figli dei cosiddetti “liquidatori” di Chernobyl, siano portatori di alti tassi di mutazioni: un dato che può chiarire non soltanto i dati, lungamente contestati, concernenti l’incremento di leucemie in bambini nati da genitori residenti nei dintorni di impianti nucleari inglesi, ma anche e soprattutto i risultati allarmanti di un recente studio tedesco, noto con l’acronimo KIKK (Kinderkrebs in der Umgebung von KernKraftwerken, Cancro infantile nei dintorni delle centrali nucleari), che ha descritto 1.592 casi di tumori solidi (molti dei quali di origine embrionale) e 593 leucemie infantili in bambini di età inferiore a 5 anni, residenti negli anni 1980-2003 nei dintorni delle 16 centrali tedesche. Tanto più che importanti studi scientifici documentano il rilascio di isotopi radioattivi (trizio, cripto, ecc) in ambiente e catene alimentari durante il normale funzionamento delle centrali e che l’introduzione di materiale radioattivo per via alimentare in piccole dosi quotidiane, rappresenta con ogni probabilità la modalità di esposizione più pericolosa, anche perché collettiva e difficilmente valutabile.
Residui nucleari italiani, una bolletta da 400 milioni all'anno (espandi | comprimi)
E infine il “banale” problema dei residui nucleari, che costa ancora agli italiani 400 milioni di euro l’anno (almeno 10 miliardi dal 1987, e chissà per quanti anni ancora). Come può il professore non sapere che nessun Paese al mondo ha ancora trovato una soluzione per il problema delle scorie nucleari e che depositi geologici sicuri esistono solo nell’immaginazione di alcuni “nuclearisti”; che Yucca Mountain dopo decenni di lavori e milioni di dollari spesi è stato definitivamente accantonato,e gli americani non sanno più dove mettere gli enormi quantitativi di combustibile esausto sparsi in una settantina di siti; che nel deposito di Asse in Germania si sono trovate (solo ora !) infiltrazioni d’acqua che minacciano un vero disastro e richiederanno spese colossali per il recupero e il trasferimento (dove?) dei fusti. A questo proposito, in verità, il professore una soluzione la propone: sostiene che si tenderebbe a individuare un unico sito per Continente e che, per fortuna, l’Italia non sarebbe stata individuata quale sito ideale di questo stoccaggio. Speriamo che chi ha dato queste informazioni al prof. Veronesi non intendesse far riferimento a quella che taluni soggetti prospettano come l’unica soluzione possibile per materiali che rischiano di inquinare l’intera ecosfera per millenni (non è certo consolante il fatto che il continente designato a discarica planetaria non sarebbe in tal caso né l’Europa, né il Nordamerica). è facile prevedere che nei prossimi giorni si scateneranno le critiche contro un “oncologo famoso” che non si perita di fare affermazioni pubbliche tacciabili quantomeno di leggerezza. Alcuni probabilmente arriveranno ad accusarlo di inconfessabili conflitti d’interesse (in questo caso particolarmente gravi, visto il ruolo di garante della salute pubblica che il professore ha accettato di ricoprire). Noi siamo convinti che molte delle cose che abbiamo elencate il professor Veronesi non le sappia davvero e che ciò sia comprensibile in una persona che non si è mai occupata di questa materia. Siamo però anche convinti che il permanere in una simile condizione di “ignoranza” sarebbe pericoloso e rischierebbe di nuocere gravemente alla figura di un medico famoso, che anche in quest’ultima intervista afferma come proprio valore assoluto la certezza che i rischi per la salute siano minimi e di voler dedicare i prossimi anni ad assicurare i cittadini che non correrebbero alcun rischio.
Ps: Le "Facce da nucleare" dell'opposizione che si sono assentate alla votazione per l'accorpamento del referendum con le elezioni amministrative sono: Capano, Cimadoro, Ciriello, D'Antona, Farina, Fassino, Fedi, Gozi, Madia, Mastromauro, Porcino, Samperi.
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lunedì 11 aprile 2011
sabato 9 aprile 2011
FIGLIA DI UN DIO MINORE
Simona è una ragazza non udente, campione di lotta della Nazionale azzurra. Impossibile sapere che non sente se non è lei stessa a dirlo. Parla normalmente e legge le labbra. Nell'intervista dice: "Al momento in cui rivelo che non sento, le persone cambiano atteggiamento, non so come mai, come fossi proprio diversa...". Chi ha un handicap ricerca la normalità, l'accettazione, l'integrazione nella comunità. Non si sente inferiore, diverso, figlio o figlia di un dio minore. Sono i "normali" a creare intorno a loro delle barriere sociali. Il normale spesso non tollera che chi non lo è si comporti da normale. Come si permette? Ritorni nel suo ghetto sociale. I veri portatori di handicap sono in genere i cosiddetti "normali". Viva Simona!
Intervista a Simona Corbani, atleta della nazionale italiana lotta libera
Un occhio mezzo azzurro, uno mezzo marrone (espandi | comprimi)
Ciao a tutti, mi chiamo Corbani Simona, sono un’atleta della Nazione Italiana di lotta, due volte campionessa italiana, vorrei esporre il mio problema per quanto riguarda il mio sport ed ovviamente la legge italiana.
Innanzitutto vorrei dire che la lotta è tutta la mia vita, è uno stile, mi ha aiutato a crescere, mi ha resa quella che sono ovvero più forte, combattiva, sono una ragazza non udente, il nome della mia patologia è la sindrome di Waardenburg che data da un’ipoacusia neurosensoriale bilaterale e è associata al colore dell’iride, infatti ho l’occhio mezzo azzurro, mezzo marrone, però per il resto sono una ragazza normale, parlo, cammino, l’unica cosa non sento.
Vivere, lottare e vincere da non udente (espandi | comprimi)
Per quanto riguarda entrare nel gruppo sportivo ci sarebbe una possibilità, quella del gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre per quanto riguarda i disabili, però l’unico problema è che mi darebbero un rimborso spese, ovvero mangiare, viaggio etc., però non mi darebbero uno stipendio e inoltre dovrei fare gare solo per disabili, io non mi sento una disabile, ho un problema, però sono una ragazza normale. Gli svantaggi per chi non è udente come me ci sarebbe una bella lista da fare, comincerò con il problema dei sottotitoli, quando accendo la televisione vedo dei sottotitoli che sono completamente sballati, oppure ci sono delle frasi che magari sono completamente diverse da quelle dette dall’attore o dal giornalista etc.. Non dico di essere precisi, però sarebbe bello poter capire il programma che trasmettono oppure sentire la notizia sul giornale che può essere importante, tipo recentemente che è successo il terremoto a Tokyo, avrei voluto capire bene cosa era successo, quali erano i problemi, però a causa di questo problema dei sottotitoli non sono riuscita a capire niente
I gruppi sportivi in cui si può continuare a fare la lotta sono le Fiamme Azzurre che sarebbe la Polizia penitenziaria, le Fiamme Oro che sarebbe la Polizia, l’Esercito e la Forestale. A me andrebbe bene uno di questi, basta poter continuare la lotta fino a 33 anni, perché desidero dare il massimo e desidero arrivare agli europei, desidero portare una medaglia olimpica, una medaglia ai mondiali, desidero dare tutto quello che ho per la lotta. Un occhio mezzo azzurro, uno mezzo marrone (espandi | comprimi)
Ciao a tutti, mi chiamo Corbani Simona, sono un’atleta della Nazione Italiana di lotta, due volte campionessa italiana, vorrei esporre il mio problema per quanto riguarda il mio sport ed ovviamente la legge italiana.
Innanzitutto vorrei dire che la lotta è tutta la mia vita, è uno stile, mi ha aiutato a crescere, mi ha resa quella che sono ovvero più forte, combattiva, sono una ragazza non udente, il nome della mia patologia è la sindrome di Waardenburg che data da un’ipoacusia neurosensoriale bilaterale e è associata al colore dell’iride, infatti ho l’occhio mezzo azzurro, mezzo marrone, però per il resto sono una ragazza normale, parlo, cammino, l’unica cosa non sento.
Vivere, lottare e vincere da non udente (espandi | comprimi)
Per quanto riguarda entrare nel gruppo sportivo ci sarebbe una possibilità, quella del gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre per quanto riguarda i disabili, però l’unico problema è che mi darebbero un rimborso spese, ovvero mangiare, viaggio etc., però non mi darebbero uno stipendio e inoltre dovrei fare gare solo per disabili, io non mi sento una disabile, ho un problema, però sono una ragazza normale. Gli svantaggi per chi non è udente come me ci sarebbe una bella lista da fare, comincerò con il problema dei sottotitoli, quando accendo la televisione vedo dei sottotitoli che sono completamente sballati, oppure ci sono delle frasi che magari sono completamente diverse da quelle dette dall’attore o dal giornalista etc.. Non dico di essere precisi, però sarebbe bello poter capire il programma che trasmettono oppure sentire la notizia sul giornale che può essere importante, tipo recentemente che è successo il terremoto a Tokyo, avrei voluto capire bene cosa era successo, quali erano i problemi, però a causa di questo problema dei sottotitoli non sono riuscita a capire niente
All’età di 4 anni hanno scoperto che non sentivo e mi hanno portato in un centro, il Centro A.F.A., Centro R.E.U.L. che sarebbe un istituto dove insegnano ai ragazzi a parlare, a studiare gli oggetti e a saperli riconoscere e ho studiato fino all’età di 18 anni, se non erro e grazie a loro sono riusciti a essere quello che sono. Per poter entrare nel gruppo sportivo esistono due modi: uno è la parte civile; e l’altro è la parte per meriti sportivi, nella parte civile l’atleta deve sostenere un concorso e deve passare delle visite mediche e poi potrà entrare nel gruppo sportivo. Nella parte dei meriti sportivi invece deve avere un curriculum vasto di gare, tornei, europei, mondiali, per la sicurezza di un lavoro e devo pensare al mio futuro, desidero tanto continuare,solo che senza il lavoro non posso continuare, devo lasciare infatti la mia intenzione è che se non trovo un lavoro entro quest’anno o l’anno prossimo sono costretta a lasciare dopo le Olimpiadi del 2012..
Paul Harding - L'ULTIMO INVERNO
Chi non è rimasto almeno una volta incantato dal mondo misterioso dei venditori ambulanti, dai loro carretti così carichi di oggetti semplici, ingegnosi, meccanici, che essi sapevano riparare grazie a un'arte tramandata da tempo immemorabile? È questo il mondo da cui proviene George Washington Crosby; è questo il mondo a cui ritorna mentre, steso su un letto d'ospedale al centro del soggiorno della sua casa nel New England, si prepara a concludere la sua vita circondato dai famigliari e accompagnato dal tintinnio dei suoi orologi cui per anni si è dedicato come meticoloso restauratore. Meravigliosi meccanismi di tutte le epoche e fogge che sono stati a lungo il legame, negato ma indissolubile, con il mondo della sua infanzia e di suo padre Howard, un uomo silenzioso, sognante, poetico, il quale stentatamente manteneva quattro figli e una moglie insoddisfatta girovagando con il suo carro pieno di mercanzie tra i boschi del Maine.
Il carro arrivava insieme al suo solitario guidatore a offrire spazzole, polvere dentifricia, calze di nylon, crema da barba, lucido da scarpe, manici di scopa, pentole, e persino gioielli da quattro soldi a donne rudi e senza più sogni, a uomini che finivano troppo presto le loro scorte di gin e sigarette, a eremiti in un mondo dominato dalle stagioni, dal sole e dal gelo, dagli alberi, dai laghi e dai ruscelli, da leggende e da poche parole.
Mentre le funzioni vitali lo abbandonano, George ritrova Howard così come non aveva mai permesso a se stesso di immaginarlo, e di quell'uomo simile a un veggente rivede anche i segni dell'incurabile e misteriosa malattia: l'epilessia. Un dramma che era quasi in sintonia con quella natura imprevedibile e spesso impetuosa in cui il venditore ambulante viveva immerso: un eccesso di energia, di elettricità lo colpiva così come il fulmine colpisce il bosco, e lo lasciava stordito e sanguinante dopo angosciosi minuti trascorsi sul pavimento a scalciare, rovesciare le lampade, sbattere la testa sulle assi, mentre i denti mordevano un bastoncino. Oppure le dita del figlio, di George adolescente che in seguito, per anni, non aveva più saputo se odiare o amare quel padre folle, ma che ora finalmente riesce a incontrare, e solamente ad amare.
L'ultimo inverno è un romanzo d'esordio di rara potenza espressiva, dominato da un linguaggio plasmato dalla penna di un grande scrittore, un romanzo sull'America di ieri e di oggi che parla dell'amore tra un padre e un figlio, della fierezza della natura, del ricordo e della fantasia.
Il carro arrivava insieme al suo solitario guidatore a offrire spazzole, polvere dentifricia, calze di nylon, crema da barba, lucido da scarpe, manici di scopa, pentole, e persino gioielli da quattro soldi a donne rudi e senza più sogni, a uomini che finivano troppo presto le loro scorte di gin e sigarette, a eremiti in un mondo dominato dalle stagioni, dal sole e dal gelo, dagli alberi, dai laghi e dai ruscelli, da leggende e da poche parole.
Mentre le funzioni vitali lo abbandonano, George ritrova Howard così come non aveva mai permesso a se stesso di immaginarlo, e di quell'uomo simile a un veggente rivede anche i segni dell'incurabile e misteriosa malattia: l'epilessia. Un dramma che era quasi in sintonia con quella natura imprevedibile e spesso impetuosa in cui il venditore ambulante viveva immerso: un eccesso di energia, di elettricità lo colpiva così come il fulmine colpisce il bosco, e lo lasciava stordito e sanguinante dopo angosciosi minuti trascorsi sul pavimento a scalciare, rovesciare le lampade, sbattere la testa sulle assi, mentre i denti mordevano un bastoncino. Oppure le dita del figlio, di George adolescente che in seguito, per anni, non aveva più saputo se odiare o amare quel padre folle, ma che ora finalmente riesce a incontrare, e solamente ad amare.
L'ultimo inverno è un romanzo d'esordio di rara potenza espressiva, dominato da un linguaggio plasmato dalla penna di un grande scrittore, un romanzo sull'America di ieri e di oggi che parla dell'amore tra un padre e un figlio, della fierezza della natura, del ricordo e della fantasia.
venerdì 8 aprile 2011
giovedì 7 aprile 2011
RWANDA IERI, COSTA D'AVORO OGGI?
Il genocidio del Rwanda sarebbe avvenuto senza l'interferenza delle nazioni occidentali? Perché l'ONU, che si è affrettato ad approvare il bombardamento della Libia, non intervenne allora? In Africa non tutto è quello che sembra, la verità non ci viene raccontata dai giornali. Ieri il milione di morti in Rwanda, oggi un numero imprecisato di morti in Costa d'Avorio, ex colonia francese, e l'intervento dell'ONU con migliaia di soldati e i bombardamenti francesi contro l'ex presidente ivoriano Laurent Gbagbo. Il colonialismo di un tempo è stato sostituito dall'intervento armato delle ex potenze coloniali sotto le bandiere dell'ONU, ma solo se gli conviene.
Intervista Yolande Mukagasana nel 17° anniversario della strage in Uganda (A breve il video dell'intervista)
Sono Yolande Mukagasana, sopravvissuta al genocidio dei Tutsi del Rwanda successo 17 anni fa. Attualmente vivo in Belgio ma per il momento penso che il mio posto non sia l’Europa ma sia in Rwanda nel cuore del génocidio, dei sopravvissuti, degli assassini, soprattutto nel cuore delle nuove generazioni che hanno bisogno di me per apprendere la Storia e così poter proteggersi. E’per questo che andrò lì qualunque cosa succeda, ne sono convinta.
Il genocidio del Rwanda 17 anni dopo (espandi | comprimi)
Ciò che desidero è poter raccontare ciò che è successo perché penso che raccontando aiuterò i giovani a proteggersi ed è un dovere. Non è solo questo perché anche il mio Paese ha bisogno di me nel processo di riconciliazione. Sto facendo un grande progetto per i giusti, cosa molto importante nell’educazione dei giovani per dimostrarli che abbiamo sempre una scelta. Una scelta quando si tratta di un male come il genocidio perché si può sempre scegliere , esiste sempre la responsabilità individuale. Ho cresciuto più di 20 bambini orfani del genocidio, oggi la maggior parte sono indipendenti e vivono per conto loro e oggi sono nonna di tanti nipoti, se si può dire così.
L'ONU e i massacri della Costa d'Avorio (espandi | comprimi)
Blog: Perché nel 94 l'ONU non ha varato la risoluzione per fermare il genocidio in Ruanda contrariamente a quanto avvenuto nei giorni scorsi per la Libia?
Yolande: Sapete bene che il Rwanda non ha né ricchezze né petrolio. La Libia è molto più interessante del Rwanda da questo punto di vista. Suppongo quindi che L’ONU non è intervenuto in Rwanda per questo motivo, noi non avevamo valore poiché non avevamo risorse appetibili. E poi quando parliamo dell’ONU mi domando sempre chi è l’ONU?
Yolande: L’ONU è l’insieme di tutte quelle potenze che vendono gli armi e cercano sempre i loro interessi economici in Africa. Suppongo, ma non posso essere sicura, che la causa è che da noi non c’era nulla e noi eravamo quindi insignificanti. Ora devono provare a salvare la Libia anche perché sono soprattutto le stesse ad aver causato la guerra che non è certamente venuta fuori dal nulla, quindi è semplicemente una strategia. Posso anche sbagliare, ma per me è una strategia per impadronirsi delle risorse della Libia, e questo davvero mi intristisce. Assistere a tutto quello che sta succedendo sia in Costa d’Avorio sia in Libia, sia nel Darfur (oddio per quest’ultimo c’era stata una breve commozione dell’opinione pubblica) senza che la società civile occidentale dica nulla in merito davvero questo silenzio mi delude profondamente.
Mi auguro che il 9 aprile sarete assieme a me a Roma al teatro Eliseo (www.benerwanda.org) , perché sarà la commemorazione non solo dei Tutsi del Rwanda ma è soprattutto una commemorazione per tutta l’umanità che è stata ferita, credo tutti ne abbiamo bisogno.Mi rimangono tre da crescere e questa è una piccola responsabilità in quanto dal '94 ho avuto pochi mezzi, ma i miei figli erano abituati alla povertà. Ora sento che i più giovani rimasti hanno bisogno di avermi vicino per aver una madre a cui confidare le proprie gioie e dolori e torno a casa per questo. Vado anche per essere vicina a quei umani, tutti quei rwandesi che non hanno chiesto ciò che hanno subito nel 94 e aiutarli nella lotta quotidiana. Essere vicina a tutte quelle donne violentate per confortarle, se non lo sono stata non è che sono stata più forte di loro e non sono manco sicura che sia stata una fortuna…
Blog: Per la Costa d’Avorio, cosa sta succedendo? in Italia sentiamo qualcosa ma non conosciamo la situazione . Yolande: Sia voi che io sappiamo sempre ciò che i media vogliono raccontarci, quindi non possiamo affermare che sappiamo tutto visto che nessuno di noi parla con gli ivoriani i quali sono divisi tra di loro. Tuttavia la prima domanda che mi faccio è, considerando che abbiamo assistito in TV come si sono svolte le elezioni e abbiamo visto qualcuno buttare e stracciare le schede elettorali , come si può considerare tutto questo normale senza che nessuno dica qualcosa, fino a scegliere come vincitore quello che si vuole.Non si può essere sicuri che a vincere le lezioni sia stato Ouattara o Gbagbo, nessuno può dire che ne è sicuro, ciò è impossibile. Tuttavia esiste una persona voluta dalla comunità internazionale come dirigente della Costa d’Avorio e si difende questa persona passando al di sopra del popolo ivoriano. E da qui a poco forse ci diranno che c’è stato un genocidio in Costa d’Avorio e i responsabili di ciò saranno gli ivoriani, mentre dietro tutto ciò ci sta la comunità internazionale. C’è la comunità internazionale dietro tutto ciò che sta succedendo, c’è anche l’ONU dietro i massacri. La comunità internazionale non può pretendere di non sentire ciò che sta succedendo in Costa d’Avorio, e ancora meno la Francia! I 1500 soldati francesi inviati in Costa d’avorio richiamano esattamente il Rwanda! Non posso affermare che sta succedendo un genocidio, ma la reazione della Francia che ha manipolato l’ONU è esattamente la missione Turquoise in Rwanda durante il nostro genocidio. Non posso rimanere senza reagire perché mi fa molta pena. Ma nello stesso momento, tra Ouattara e Gbagbo, mi dispiace, ma non posso dire che uno ama gli avoriani più dell’altro.Blog: Forse la tragedia del Rwanda ci ha insegnato qualcosa? Yolande: Io penso proprio di non. Perché se il Rwanda avesse insegnato qualcosa, l’ONU non avrebbe mai accettato la presenza dei militari francesi lì, non avrebbe mai fatto ciò che sta facendo così come la comunità internazionale. Il Rwanda non ci ha assolutamente insegnato nulla, devono essere gli africani responsabili di ciò che succede in Africa, questa è la strategia, mi dispiace. Blog: Cosa possiamo fare per informare gli italiani della situazione dell’Africa e aiutare gli africani a venire a capo di questi problemi? Yolande: Come può la società civile occidentale aiutare la società civile africana quando la stessa società civile occidentale sta dietro ciò che i governi occidentali stanno combinando? L’unica cosa è che i giornalisti bene intenzionati e illuminati denuncino ciò che sta succedendo, non solo focalizzandosi sulle defezioni degli africani in quanto nella maggior parte dei casi questi ultimi sono dei semplici strumenti delle potenze occidentali. Sia chiaro che non li sto assolvendo per questo , assolutamente non ma ad ognuno le sue responsabilità.
Il genocidio del Rwanda 17 anni dopo (espandi | comprimi)
Ciò che desidero è poter raccontare ciò che è successo perché penso che raccontando aiuterò i giovani a proteggersi ed è un dovere. Non è solo questo perché anche il mio Paese ha bisogno di me nel processo di riconciliazione. Sto facendo un grande progetto per i giusti, cosa molto importante nell’educazione dei giovani per dimostrarli che abbiamo sempre una scelta. Una scelta quando si tratta di un male come il genocidio perché si può sempre scegliere , esiste sempre la responsabilità individuale. Ho cresciuto più di 20 bambini orfani del genocidio, oggi la maggior parte sono indipendenti e vivono per conto loro e oggi sono nonna di tanti nipoti, se si può dire così.
L'ONU e i massacri della Costa d'Avorio (espandi | comprimi)
Blog: Perché nel 94 l'ONU non ha varato la risoluzione per fermare il genocidio in Ruanda contrariamente a quanto avvenuto nei giorni scorsi per la Libia?
Yolande: Sapete bene che il Rwanda non ha né ricchezze né petrolio. La Libia è molto più interessante del Rwanda da questo punto di vista. Suppongo quindi che L’ONU non è intervenuto in Rwanda per questo motivo, noi non avevamo valore poiché non avevamo risorse appetibili. E poi quando parliamo dell’ONU mi domando sempre chi è l’ONU?
Yolande: L’ONU è l’insieme di tutte quelle potenze che vendono gli armi e cercano sempre i loro interessi economici in Africa. Suppongo, ma non posso essere sicura, che la causa è che da noi non c’era nulla e noi eravamo quindi insignificanti. Ora devono provare a salvare la Libia anche perché sono soprattutto le stesse ad aver causato la guerra che non è certamente venuta fuori dal nulla, quindi è semplicemente una strategia. Posso anche sbagliare, ma per me è una strategia per impadronirsi delle risorse della Libia, e questo davvero mi intristisce. Assistere a tutto quello che sta succedendo sia in Costa d’Avorio sia in Libia, sia nel Darfur (oddio per quest’ultimo c’era stata una breve commozione dell’opinione pubblica) senza che la società civile occidentale dica nulla in merito davvero questo silenzio mi delude profondamente.
Mi auguro che il 9 aprile sarete assieme a me a Roma al teatro Eliseo (www.benerwanda.org) , perché sarà la commemorazione non solo dei Tutsi del Rwanda ma è soprattutto una commemorazione per tutta l’umanità che è stata ferita, credo tutti ne abbiamo bisogno.Mi rimangono tre da crescere e questa è una piccola responsabilità in quanto dal '94 ho avuto pochi mezzi, ma i miei figli erano abituati alla povertà. Ora sento che i più giovani rimasti hanno bisogno di avermi vicino per aver una madre a cui confidare le proprie gioie e dolori e torno a casa per questo. Vado anche per essere vicina a quei umani, tutti quei rwandesi che non hanno chiesto ciò che hanno subito nel 94 e aiutarli nella lotta quotidiana. Essere vicina a tutte quelle donne violentate per confortarle, se non lo sono stata non è che sono stata più forte di loro e non sono manco sicura che sia stata una fortuna…
Blog: Per la Costa d’Avorio, cosa sta succedendo? in Italia sentiamo qualcosa ma non conosciamo la situazione . Yolande: Sia voi che io sappiamo sempre ciò che i media vogliono raccontarci, quindi non possiamo affermare che sappiamo tutto visto che nessuno di noi parla con gli ivoriani i quali sono divisi tra di loro. Tuttavia la prima domanda che mi faccio è, considerando che abbiamo assistito in TV come si sono svolte le elezioni e abbiamo visto qualcuno buttare e stracciare le schede elettorali , come si può considerare tutto questo normale senza che nessuno dica qualcosa, fino a scegliere come vincitore quello che si vuole.Non si può essere sicuri che a vincere le lezioni sia stato Ouattara o Gbagbo, nessuno può dire che ne è sicuro, ciò è impossibile. Tuttavia esiste una persona voluta dalla comunità internazionale come dirigente della Costa d’Avorio e si difende questa persona passando al di sopra del popolo ivoriano. E da qui a poco forse ci diranno che c’è stato un genocidio in Costa d’Avorio e i responsabili di ciò saranno gli ivoriani, mentre dietro tutto ciò ci sta la comunità internazionale. C’è la comunità internazionale dietro tutto ciò che sta succedendo, c’è anche l’ONU dietro i massacri. La comunità internazionale non può pretendere di non sentire ciò che sta succedendo in Costa d’Avorio, e ancora meno la Francia! I 1500 soldati francesi inviati in Costa d’avorio richiamano esattamente il Rwanda! Non posso affermare che sta succedendo un genocidio, ma la reazione della Francia che ha manipolato l’ONU è esattamente la missione Turquoise in Rwanda durante il nostro genocidio. Non posso rimanere senza reagire perché mi fa molta pena. Ma nello stesso momento, tra Ouattara e Gbagbo, mi dispiace, ma non posso dire che uno ama gli avoriani più dell’altro.Blog: Forse la tragedia del Rwanda ci ha insegnato qualcosa? Yolande: Io penso proprio di non. Perché se il Rwanda avesse insegnato qualcosa, l’ONU non avrebbe mai accettato la presenza dei militari francesi lì, non avrebbe mai fatto ciò che sta facendo così come la comunità internazionale. Il Rwanda non ci ha assolutamente insegnato nulla, devono essere gli africani responsabili di ciò che succede in Africa, questa è la strategia, mi dispiace. Blog: Cosa possiamo fare per informare gli italiani della situazione dell’Africa e aiutare gli africani a venire a capo di questi problemi? Yolande: Come può la società civile occidentale aiutare la società civile africana quando la stessa società civile occidentale sta dietro ciò che i governi occidentali stanno combinando? L’unica cosa è che i giornalisti bene intenzionati e illuminati denuncino ciò che sta succedendo, non solo focalizzandosi sulle defezioni degli africani in quanto nella maggior parte dei casi questi ultimi sono dei semplici strumenti delle potenze occidentali. Sia chiaro che non li sto assolvendo per questo , assolutamente non ma ad ognuno le sue responsabilità.
Massimo Fini - IL MULLAH OMAR
La biografia del misterioso e inafferrabile leader dei Talebani che da dieci anni tiene in scacco il più potente e tecnologico esercito del mondo. Una storia che inizia con un ragazzo diciottenne che si batte contro gli invasori sovietici e in battaglia viene ferito irrimediabilmente a un occhio, se lo strappa, si benda da sé e torna a combattere. Che prosegue con quattro ragazzi, Omar, Ghaus, Hassan e Rabbani, che sulla piazza del loro povero villaggio, Singesar, decidono di fare qualcosa contro le prepotenze, gli abusi, le violenze, gli stupri, gli assassinii dei "signori della guerra" che, impegnati in una feroce lotta per il potere, agiscono nel più pieno arbitrio. Nasce così il movimento talebano che nel giro di soli due anni (1994-96), grazie all'appoggio della popolazione, sconfiggerà i "signori della guerra" riportando l'ordine e la legge, sia pur una dura legge, la sharia, nel Paese di cui Omar diventerà la guida. Ne vien fuori il ritratto di un uomo singolare, riservato, di poche parole ma attento a quelle degli altri, timido, quasi umile, e anche per questo adorato dai suoi, ma per nulla cupo, ironico e sarcastico, che arrivato al potere continuerà a condurre la vita spartana di sempre e non lo userà per arricchirsi o ritagliarsi privilegi ma per inseguire un suo sogno. Quello di un Afghanistan finalmente unificato e pacificato, lontanissimo dagli stili di vita dell'Occidente. Fini legge inoltre la guerra in corso in Afghanistan come la lotta dell'uomo contro la macchina, dell'uomo contro il potere del denaro che crede di poter tutto comprare, e corrompere, anche valori molto diversi dai suoi, ma forse altrettanto degni di essere vissuti, e per difendere i quali c'è chi, come il Mullah Omar e i suoi giovani Talebani, è disposto a battersi e a morire.
mercoledì 6 aprile 2011
SINDROME CINESE
"Fukushima, iodio radioattivo in mare 7,5 milioni di volte superiore alla norma. Il cesio-137, invece, è di 1,1 milioni di volte superiore ai limiti consentiti." silvanetta* .
Ps: Le "Facce da nucleare" dell'opposizione che si sono assentate alla votazione per l'accorpamento del referendum con le elezioni amministrative sono: Capano, Cimadoro, Ciriello, D'Antona, Farina, Fassino, Fedi, Gozi, Madia, Mastromauro, Porcino, Samperi.
- Scarica il volantino delle "Facce da nucleare" e diffondilo
Stephen Hawking - IL GRANDE DISEGNO
Dove e quando è iniziato l’universo? Perché c’è “qualcosa” invece che “niente”? E soprattutto il “grande disegno” del nostro universo è opera di un benevolente creatore o la scienza può offrire un’altra spiegazione? Stephen Hawking si cimenta con la sfida più difficile, la questione che da sempre divide filosofi , scienziati, teologi. Insieme al fisico Mlodinov presenta le ultime scoperte del pensiero scientifico e spiega, d’accordo con la teoria quantistica, che il cosmo non ha una singola storia o esistenza ma che invece ogni possibile storia dell’universo “esiste simultaneamente”: ci sarebbe un “multiverso”, cioè tanti universi che spontaneamente si formano dal nulla. Combinando le più recenti scoperte è possibile spiegare, secondo Hawking, gran parte delle leggi che governano il cosmo, anche se rimane un lato misterioso che la scienza non è ancora riuscita a svelare. Un’opera rivoluzionaria che spiega in maniera semplice come le nuove teorie stanno cambiando radicalmente il nostro sistema di pensiero.
martedì 5 aprile 2011
LA P2 E' UN INCUBO MASCHILE
La P2 era una loggia massonica coperta. Oggi abbiamo un governo massonico scoperto. I piduisti di ieri hanno fatto carriera. Il presidente del consiglio, tessera 1816, e il portavoce del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, tessera 2232 ci spiegano il Piano di Rinascita Democratica di Gelli con i fatti. Giorno dopo giorno, nella sua applicazione reale, concreta. Gelli, il gran maestro, condannato a 10 anni per calunnia aggravata dalla finalità di terrorismo per depistaggio delle indagini sulla strage della stazione di Bologna (85 morti e 200 feriti), recita la parte di vecchio saggio in televisione e si lamenta perché non gli viene riconosciuto ufficialmente il copyright del programma di Governo, dalla Giustizia, alla legge elettorale, al controllo delle televisioni. In un altro Paese sarebbero stati condannati per alto tradimento, nel nostro hanno raggiunto i vertici delle Istituzioni.
Quando, nel 1981, fu scoperto dai giudici Gherardo Colombo e Giuliano Turone l'elenco dei piduisti si capì che la Storia dell'Italia nata dalla Resistenza, democratica e repubblicana era una copertura per un gruppo di avventurieri che avevano il controllo della nazione, banchieri, generali, politici, giornalisti, magistrati. Una cupola da far impallidire Cosa Nostra. Solo 972 piduisti furono identificati su 2.400. Tina Alselmi fu scelta come presidente della Commissione parlamentare da Nilde Iotti, allora presidente della Camera, e interpretò il suo ruolo con coscienza e coraggio. Per questo la sua carriera politica fu distrutta. Sarebbe stata un grande Presidente della Repubblica.
Tina Anselmi credeva che i nomi venuti alla luce fossero i pesci piccoli, gli altri, un migliaio, mai identificati, erano più importanti. Ma cosa è più importante di un generale o di un direttore di giornale se non un presidente del consiglio o un suo ministro o il capo di una grande impresa? Oggi il cerchio si chiude, il cittadino è escluso dalle istituzioni con la legge elettorale porcata di matrice piduista, le televisioni sono il megafono del governo, la giustizia sta per essere ingabbiata. La P2 regna. Dove si deve andare per iscriversi?
Quando, nel 1981, fu scoperto dai giudici Gherardo Colombo e Giuliano Turone l'elenco dei piduisti si capì che la Storia dell'Italia nata dalla Resistenza, democratica e repubblicana era una copertura per un gruppo di avventurieri che avevano il controllo della nazione, banchieri, generali, politici, giornalisti, magistrati. Una cupola da far impallidire Cosa Nostra. Solo 972 piduisti furono identificati su 2.400. Tina Alselmi fu scelta come presidente della Commissione parlamentare da Nilde Iotti, allora presidente della Camera, e interpretò il suo ruolo con coscienza e coraggio. Per questo la sua carriera politica fu distrutta. Sarebbe stata un grande Presidente della Repubblica.
Tina Anselmi credeva che i nomi venuti alla luce fossero i pesci piccoli, gli altri, un migliaio, mai identificati, erano più importanti. Ma cosa è più importante di un generale o di un direttore di giornale se non un presidente del consiglio o un suo ministro o il capo di una grande impresa? Oggi il cerchio si chiude, il cittadino è escluso dalle istituzioni con la legge elettorale porcata di matrice piduista, le televisioni sono il megafono del governo, la giustizia sta per essere ingabbiata. La P2 regna. Dove si deve andare per iscriversi?
Intervista a Anna Vinci
Anna Vinci- Come ho incontrato Tina Anselmi e come sono arrivata a scrivere questo libro? È una lunga storia d’amore di grande rispetto mio e amore nei suoi confronti, di stima reciproca, un incontro di alcuni anni fa rinnovato per un’intervista televisiva, dopodiché è nato un primo libro e poi questi appunti segreti.
Gli appunti segreti di Tina Alselmi sulla P2 (espandi | comprimi)
Blog – La P2 oggi raggiunge i suoi obiettivi?
Anna Vinci – Con questi appunti della Anselmi ho convissuto più di un anno, un anno e mezzo, penso che sicuramente il lavoro della commissione presieduta dalla Anselmi, la Commissione inquirente bicamerale sulla P2 dall’81 all’84 abbia in qualche modo interrotto quello che era il progetto di Gelli, il progetto piduista e affaticandolo, questo non vuol dire che i rischi siano finiti.
Il linguaggio della P2 (espandi | comprimi)
Blog – Qual è il linguaggio della P2?
Anna Vinci – Una della prime cose che mi ha colpito è questo essere proprio sciatti, il progetto della P2 è finito non è finito, sicuramente nel linguaggio sta ad ottimi livelli perché è proprio il disprezzo delle parole, la parola che è un modo di comunicare, di rapportarsi agli altri, noi lo vediamo quotidianamente, uno dice una cosa e il giorno dopo ne dice un’altra. Il Ministro Scajola quando ci fu il fatto dell’appartamento che lui disse “ah ma io non sapevo niente, me l’hanno regalato”. Blog – La P2 è maschilista?
Blog – La P2 oggi raggiunge i suoi obiettivi?
Anna Vinci – Con questi appunti della Anselmi ho convissuto più di un anno, un anno e mezzo, penso che sicuramente il lavoro della commissione presieduta dalla Anselmi, la Commissione inquirente bicamerale sulla P2 dall’81 all’84 abbia in qualche modo interrotto quello che era il progetto di Gelli, il progetto piduista e affaticandolo, questo non vuol dire che i rischi siano finiti.
Il linguaggio della P2 (espandi | comprimi)
Blog – Qual è il linguaggio della P2?
Anna Vinci – Una della prime cose che mi ha colpito è questo essere proprio sciatti, il progetto della P2 è finito non è finito, sicuramente nel linguaggio sta ad ottimi livelli perché è proprio il disprezzo delle parole, la parola che è un modo di comunicare, di rapportarsi agli altri, noi lo vediamo quotidianamente, uno dice una cosa e il giorno dopo ne dice un’altra. Il Ministro Scajola quando ci fu il fatto dell’appartamento che lui disse “ah ma io non sapevo niente, me l’hanno regalato”. Blog – La P2 è maschilista?
Anna Vinci – Io ho immaginato Tina Anselmi come Presidente della commissione, me la vedo nelle stanze di Palazzo San Macuto a Roma dove si svolgevano le audizioni e immagino questa donna tra uomini, piduisti tutti uomini, esercito, servizi segreti, mafie, malavita, chiesa, potere delle banche e le donne erano delle comprimarie. Blog – Quindi non è un caso che Tina Anselmi sia stata scelta o comunque che Tina Anselmi sia stato un fenomeno contrario alla P2 essendo una donna? Anna Vinci – È stata l’allora Presidente della Camera Nilde Iotti a chiedere a Tina Anselmi di diventare Presidente di questa Commissione bicamerale ed erano legate da tante esperienze passate, perché quello che mi diceva Tina Anselmi diceva una cosa molto interessante “all’epoca eravamo diverse - in questo caso la Iotti e lei - ideologicamente ma non antropologicamente” e sicuramente il fatto che fosse una donna era uno sguardo diverso perché immaginiamo in queste stanze tutti uomini grigi, tutti uomini anche mediocri come mi diceva Tina. Blog – Perché è stata scelta Tina Anselmi visto che nel governo di allora c’erano molte infiltrazioni della P2? Anna Vinci – È stata scelta dalla Iotti, io quando mi sono documentata con Giorgio Frasca Polara che era il portavoce della Presidente della Camera Nilde Iotti e lui mi ha detto che la Iotti aveva fatto questa scelta perché si fidava della Anselmi e poi perché il Presidente del Senato era all’epoca Fanfani e, come ha aggiunto un’altra persona: Enzo Giaccotto, Segretario particolare della Iotti quando fu la prima volta ministro nel 76, amico storico, perché la Iotti aveva paura che venisse proposto un democristiano, casomai amico di Forlani, allora Presidente del Consiglio, che poi sappiamo come era implicato nella vicenda della P2. Nelle audizioni la Anselmi prendeva questi appunti, sintetizzava, io li ho chiamati post-it perché uno quando ha fretta però scrive le cose fondamentali e veniva fuori questo linguaggio di queste persone che dicevano “sì ma io ero iscritto alla P2, no ma non lo sapevo, è stato casuale”. Allora noi ci chiediamo di fronte a questa classe dirigente, ma ci fanno? Perché non è possibile, oppure tu non sai se preferisci che siano un po’ non so dei cialtroni, non perbene piuttosto che dei cretini, perché come non lo sapevi?! Tu sei un generale, tu sei un ministro: non è possibile!!Blog – La P2 è un comitato d’affari o è, invece, un piano eversivo?Anna Vinci – Da quello che viene fuori studiando questi 700 e oltre appunti della Anselmi, lei appunto nella sua relazione come nel discorso che fece nell’86 alla e veniva fuori che era un comitato non di affari, c’erano anche quelli che facevano affari, c’erano questi che volevano fare carriera, ci fu una dichiarazione pubblica di Costanzo che era diventato il direttore de L’Occhio con tutta una serie di elementi chiaramente di ispirazione massonica che piangendo disse “sì l’ho fatto per la carriera”. Oppure gente come Cicchitto che mi ricordo che la Anselmi disse “ma come? Questo dovrebbe credere nelle istituzioni e dice che si è scritto alla P2 per difendersi perché si sentiva…” cioè gente che veramente non ha i parametri intellettivi o pensa che gli altri siano degli schiocchi. Quindi c’era chi faceva affari, ma sicuramente progetto piduista, il progetto di Gelli era un progetto eversivo, cioè di svuotare dall’interno le istituzioni e infatti Gelli riceveva all’Excelsior a Roma Blog – Questo progetto di svuotare le istituzioni dall’interno, quindi con uomini delle istituzioni, è riuscito in parte oppure no? Anna Vinci – Beh in parte direi proprio di sì, visto che c’abbiamo il Presidente del Consiglio che c’abbiamo che è poi uno dei maggiori rappresentanti di questo linguaggio estemporaneo nel senso che oggi sto lì, domani sto lì, un po’ da Vaudeville. Quando seguivo gli appunti di Tina Anselmi me li immaginavo proprio questi uomini come in una pochade da Feydeau che andavano all’Excelsior da Gelli che li puoi immaginare quasi che si nascondevano quando arrivava quello che non doveva sapere, perché tutto si basava appunto sul ricatto, su questo cuneo tra la copertura e la scopertura. E Gelli sapeva, manovrava. Blog – Berlusconi fu ascoltato? Anna Vinci – No, c’è una testimonianza di Di Ciommo che è stato molto importante perché era il segretario, era un giovane funzionario del Senato che era stato messo, messo tra virgolette, a disposizione dell’Anselmi, c’era anche un funzionario della Camera Gianfranco Beretta. E l’Anselmi mi aveva molto parlato di Di Ciommo, era stata una persona importante di cui lei si fidava, Di Ciommo mi raccontava che a un certo punto loro facevano queste audizioni, naturalmente studiavano anche le carte delle Procure che si occupavano come procure proprio di indagare in alcune che sono state grandi tragedie dell’Italia e avevano detto ma che facciamo? Lo chiamiamo questo Berlusconi che era piduista e poi hanno detto pure all’Anselmi no “ma è uno, insomma non è così importante in fondo”, “è una persona di contorno”. Blog – La P2 è vec Anna Vinci – Basta che pensiamo a Flavio Carboni, a Cicchitto già un po’ più giovane, a Berlusconi e poi certo ci sono dei giovani perché all’epoca non era così chiuso, per esempio Bisignani che oggi ha 60 anni all’epoca era piduista e faceva i suoi primi passi nella carriera. Blog – La P2 scomparirà con i vecchi o lascia agli eredi? Anna Vinci –Ti rispondo con un mio desiderata che è di tanti: sì scomparirà con i vecchi però poi da un punto di vista invece meno così da battuta io credo di sì, perché hai capito i progetti eversivi si devono realizzare a un certo punto, il fatto che il tempo passa, il tempo è nemico l’hanno dimostrato purtroppo anche queste persone tipo i Falcone e Borsellino che sono morte, vari servitori dello Stato tipo Ambrosoli, l’Anselmi, non difesi dallo Stato, meno male lei è ancora viva. L’illegalità ha bisogno della rapidità, i tempi lunghi è difficile tenere tutto insieme Blog – La P2 quindi non può rinascere dalle sue ceneri sono altre formeAnna Vinci – Credo molto che ognuno debba fare il proprio mestiere, appunto quello che non voleva Gelli, questa grande abbuffata di potere con poche persone che sapevano e ognuno faceva tutto, com’è un po’ adesso, tutti sanno tutto di tutti. Io sono una che racconta storie, da quello che ho capito in tutta questa frequentazione di Tina, no! Ancora adesso se mi capita, soprattutto in passato, di parlarne lei ritorna a questo passato che le ha cambiato la vita, questi anni di presidenza della commissione e dice “ma lui torna” e quando dice “lui” lo nomina con fastidio, lo nomina con fastidio Gelli. Sai che cosa c’aveva Tina? Il coraggio ed era un coraggio molto femminile, io credo che nonostante il poco coraggio degli uomini, di questi uomini di potere che sono tutti uomini, ahimè, e le donne sono delle ancelle, sì sì, non ce la farà, ci saranno altri coraggi, altre donne e anche uomini giovani.
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