Fondata, secondo la tradizione, nell'814 a.C. sulle coste dell'odierna Tunisia dagli abitanti fenici di Tiro, Cartagine si trasformò a poco a poco da fiorente centro commerciale in capitale di un impero con numerose e ricche colonie in ampie zone del Mediterraneo occidentale (Sardegna, Sicilia, Spagna). Quando Roma estese la propria egemonia sull'Italia meridionale, il confronto fra le due potenze degenerò in un interminabile e sanguinoso conflitto.
Al termine della prima (264-241 a.C.) e della seconda (218-201 a.C.) guerra punica, combattute sulla penisola italica, in Sicilia e sul continente africano, e segnate dagli epici scontri di Canne e di Zama in cui si rivelò appieno il genio militare del cartaginese Annibale e del romano Scipione Africano, due dei massimi strateghi dell'antichità, fu chiaro che l'incontrastato dominio del Mediterraneo sarebbe toccato a Roma. Eppure, benché sconfitta, Cartagine era ancora così «ingombrante» e minacciosa da indurre il senatore Marco Porcio Catone a concludere tutte le sue arringhe con l'implacabile monito a distruggerla (Carthago delenda est!). Cosa che avvenne nel 146 a.C., quando, al termine della terza guerra punica, le truppe romane al comando di Scipione Emiliano la rasero al suolo, quasi per cancellarne anche la memoria. Per tracciare la prima storia completa delle vicende politiche e militari, delle istituzioni e dello scenario culturale e religioso di una delle più grandi civiltà del mondo antico, Richard Miles sfida le narrazioni partigiane degli storici greci e romani, interroga criticamente le fonti, smascherandone le tendenziosità, le lacune e le manipolazioni, e combina sapientemente testimonianze archeologiche e letterarie. Il ritratto che ne emerge è quello di una città caratterizzata da una straordinaria vitalità economica, da una vocazione all'eclettismo e da una spiccata apertura verso altre culture.
Nel ristabilire la verità dei fatti, Miles non solo ripara il torto storiografico subìto da Cartagine, ma incrina profondamente la schematica visione di un mondo greco-romano come unico faro di civiltà in un contesto di incultura e barbarie, segnalando così la necessità di una riflessione autocritica sulle radici dell'Occidente.
Al termine della prima (264-241 a.C.) e della seconda (218-201 a.C.) guerra punica, combattute sulla penisola italica, in Sicilia e sul continente africano, e segnate dagli epici scontri di Canne e di Zama in cui si rivelò appieno il genio militare del cartaginese Annibale e del romano Scipione Africano, due dei massimi strateghi dell'antichità, fu chiaro che l'incontrastato dominio del Mediterraneo sarebbe toccato a Roma. Eppure, benché sconfitta, Cartagine era ancora così «ingombrante» e minacciosa da indurre il senatore Marco Porcio Catone a concludere tutte le sue arringhe con l'implacabile monito a distruggerla (Carthago delenda est!). Cosa che avvenne nel 146 a.C., quando, al termine della terza guerra punica, le truppe romane al comando di Scipione Emiliano la rasero al suolo, quasi per cancellarne anche la memoria. Per tracciare la prima storia completa delle vicende politiche e militari, delle istituzioni e dello scenario culturale e religioso di una delle più grandi civiltà del mondo antico, Richard Miles sfida le narrazioni partigiane degli storici greci e romani, interroga criticamente le fonti, smascherandone le tendenziosità, le lacune e le manipolazioni, e combina sapientemente testimonianze archeologiche e letterarie. Il ritratto che ne emerge è quello di una città caratterizzata da una straordinaria vitalità economica, da una vocazione all'eclettismo e da una spiccata apertura verso altre culture.
Nel ristabilire la verità dei fatti, Miles non solo ripara il torto storiografico subìto da Cartagine, ma incrina profondamente la schematica visione di un mondo greco-romano come unico faro di civiltà in un contesto di incultura e barbarie, segnalando così la necessità di una riflessione autocritica sulle radici dell'Occidente.
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