Perché in Italia non c'è la rivoluzione? O anche solo un suo timido accenno? E perché non c'è mai stata? I fuochi si stanno accendendo un po' ovunque, dall'Albania, alla Tunisia, all'Egitto. Vecchi dittatori hanno fatto le valige, come Ben Alì, o le stanno preparando, come il faraone Mubarak. L'Italia con il suo stivale immobile al centro del Mediterraneo sembra un castello pietrificato. Un coniglio ipnotizzato dal serpente. Una rana che viene lentamente bollita viva senza accorgersene. Le ragioni di tutto questo sono misteriose, appartengono al campo della metafisica, non più a quello della politica.
La nostra stabilità (immobilità?) assomiglia a quella di chi, cadendo nelle sabbie mobili, chiude gli occhi ed evita il più piccolo movimento per rallentare la sua fine. Non grida aiuto, non cerca appigli, semplicemente affonda. I motivi per spiegare questo comportamento ci sono. Così numerosi da riempire un'enciclopedia: l'invecchiamento della popolazione (gran parte degli italiani dovrebbero scendere in piazza con le badanti), la massoneria, le mafie, l'informazione sotto controllo e pilotata (sia a destra che a sinistra), l'occupazione americana con le sue cento basi, il Vaticano, la mancanza assoluta di una classe dirigente... Queste e altre ragioni non sono però sufficienti per giustificare l'indifferenza degli italiani che, anche quando si scagliano contro il potere, evitano di varcare l'ultima linea, di prendersi dei rischi. Più cani da pagliaio che ascoltano il proprio abbaiare alla luna, e se compiacciono, che rivoluzionari. Cosa manca perché gli italiani prendano il loro destino nelle mani? Il popolo più cinico della Terra, abituato a tutto da millenni, che non crede veramente a nulla. La realtà ci dà fastidio, per questo la evitiamo. E domani, come sempre, è un altro giorno.
Dall'intervista a Mario Monicelli ad Anno Zero
"Gli italiani, gli intellettuali, gli artisti, sono poco coraggiosi? Sì, lo sono sempre stati. Sono stati vent’anni sotto un governo fascista, ridicolo, con un pagliaccio che stava lassù... Ci ha mandato l’Impero, le falangi romane lungo Via dell’Impero; ha fatto le guerre coloniali, ci ha mandato in guerra... il grande imprenditore ha detto: «Lasciatemi governare, votatemi, perché io mi sono fatto da solo, sono un lavoratore, sono diventato miliardario, vi farò diventare tutti milionari». Ormai nessuno si dimette, tutti pronti a chinare il capo pur di mantenere il posto, di guadagnare. Pronti a sopraffarci, a intrallazzare. Non c’è nessuna dignità. E’ la generazione che è corrotta, malata, che va spazzata via. La speranza è una trappola inventata dai padroni, quelli che ti dicono "State buoni, zitti, pregate, che avrete il vostro riscatto, la vostra ricompensa nell’aldilà... sì, siete dei precari, ma fra 2-3 mesi vi assumiamo ancora, vi daremo un posto". Come finisce questo film? Non lo so, spero che finisca con quello che in Italia non c’è mai stato: una bella botta, una bella rivoluzione. C’è stata in Inghilterra, in Francia, in Russia, in Germania, dappertutto meno che in Italia. Ci vuole qualcosa che riscatti veramente questo popolo che è sempre stato sottoposto... che è schiavo di tutti. Se vuole riscattarsi, il riscatto non è una cosa semplice. E’ doloroso, esige dei sacrifici. Se no, vada alla malora – che è dove sta andando, ormai da tre generazioni."
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