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Conegliano - Treviso

LIBERNAUTA 2012

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Concorso a premi per terrestri curiosi dai 14 ai 19 anni e over 20

venerdì 7 gennaio 2011

Byoublu - UCCIDERE LA PROPRIA MADRE


L’Italia è il paese europeo più mammone in assoluto. Non c’è bisogno che lo dica l’Istat, secondo cui i tre quarti dei quarantenni vivono ancora con la mamma, basta guardarsi intorno. Nerboruti energumeni tarzaniformi  escono dalle palestre e chiamano mamma per sapere cosa c’è per cena; uomini fatti e finiti, alla cui età Napoleone era già stato generale, imperatore della Francia, presidente e poi re della Repubblica Italiana, vengono inseguiti sul pianerottolo di casa da bisbetiche in grembiule e ciabatte con la maglietta della salute in mano; fidanzate timide e minute vengono radiografate dalla testa ai piedi prima di avere il permesso di frequentare figli con una virilità media pari a quella di Farinelli. I cordoni ombelicali non si tagliano, gli svezzamenti non si concludono, le cerimonie di emancipazione dei giovani guerrieri non si celebrano. L’italiano medio vive avvolto da un utero umido ed insano, saturo di miasmi e liquami tossici che si accumulano in quel che resta di un liquido amniotico ormai venefico e intriso di escrementi, grottesca parodia fetale nella quale non si nasce e neppure si abortisce mai. Norman Bates al confronto era uno che teneva alla sua indipendenza.
 In questa situazione disperata, un elettore maschio vede frapporsi tra sé e una piena consapevolezza civica, così come tra sé e la cabina elettorale della sua circoscrizione, un ostacolo impegnativo e a tratti insormontabile: sua madre.
Le madri sapiens sapiens italianiensis, a differenza delle loro colleghe mammifere che esercitano in natura e delle loro analoghe europee – di cui probabilmente rappresentano uno scisma –, non hanno l’obiettivo di portare la prole fino al grado di autonomia sufficiente ad affrontare il mondo da sola, per poi spingerla con tocco morbido ma deciso fuori dal nido. Le mamme del ceppo nostrano hanno un unico e inderogabile imperativo morale, perseguito quasi fosse un comandamento religioso: accudire, rifocillare, alimentare, proteggere e preservare un uomo da ogni tipo di contaminazione esterna, a partire dal giorno della sua nascita fino a quello, se possibile, della sua morte, in quello che viene comunemente definito accanimento materno. Nel caso in cui il pargolo debba giocoforza sopravviverle, compito della mamma italiana è formare una giovane femmina, istruendola sulle specificità del figlio, in modo che ricalchi pedissequamente gli stili di vita, le abitudini alimentari e gli accudimenti materni senza i quali lo psicologicamente inerme e biologicamente fragile fuco non potrebbe mai sopravvivere.
  Rigorosi controlli periodici condotti nella dimora della giovane coppia certificheranno la conformità della nuora alle specifiche della suocera. Dio salvi l’incauta moglie-badante dall’inosservanza anche di una sola delle ferree regole non scritte ma forgiate nel fuoco della tradizione famigliare, considerando che per di più, a scopo deterrente, una suocera efficiente non farebbe mai mancare rimproveri e rimostranze perfino in assenza di oggettive infrazioni. Se la malcapitata dovesse osare ribellarsi e rivendicare una precisa ed indipendente morfologia uterina, con ovaie perfettamente sviluppate in grado di assumersi responsabilità in piena autonomia, alla madre italiana non resterebbe che applicare la strategia della tensione: spaccare la coppia dall’interno convincendo il figlioletto che la sua compagna non è adatta a provvedere a lui. Se durante la crescita e l’educazione del tenero virgulto è stato fatto un buon lavoro, potrebbe non ravvisarsene neppure la necessità: come accade a molti giornalisti i quali più che essere vittime di censura finiscono per autocensurarsi, avendo interiorizzato il senso di sudditanza, spesso la moglie del mammone è inadeguata per definizione, non importa in quante arti sopravanzi le qualità della suocera, perché la mamma interiorizzata è quella in assoluto più insidiosa. Per estirparla, bisogna abbattere anche l’uomo al cui interno, come una tenia, tenacemente si annida.
 Uomini posseduti dallo spirito della madre sono condottieri mancati, eroi le cui gesta non verranno mai scritte, inventori e ingegneri senza creatività, imprenditori ed impiegati mediocri, controfigure di maschi consumati dall’impotenza, talvolta individui violenti che per liberarsi del materno perverso che alberga in loro arrivano a violentare e uccidere le donne che incontrano. E sono cittadini incompleti, perché una mamma ha sempre le idee molto chiare su chi votare. Contestarle, per un mammone, è un’impresa molto ardua, ai limiti delle possibilità umane.
 Innanzitutto rileva che l’animale materno, che sia coniugato o meno, convive in un rapporto di perfetta simbiosi con una coinquilina logorroica, rumorosa e invadente: la televisione. Che stia facendo le pulizie, che sia impegnata nella preparazione della torta preferita dal suo infante di 35 anni o che stia dormendo, magari con un occhio solo, la televisione è sempre lì, accesa, giorno e notte, in ogni locale. Non importa se apparentemente non la ascolta neppure: quel rumore di fondo le è necessario per vivere. Se gliela togli impazzisce, corre al centro commerciale più vicino e ne compra una qualsiasi, anche brutta, anche piccolina, purché abbia un telecomando e un volume in grado di rimbombare come si deve in tutta la casa, rimbalzando tra una parete e l’altra.
  Secondariamente, per inclinazione naturale la madre italiana standard ha una particolare, inspiegabile predilezione per il TG4 di Emilio Fede. Più che l’accostamento delle lettere T e G, delle quali apparentemente non conosce il significato, sembra che proprio nell’uomo ella riponga una assoluta fiducia che rasenta a tratti la devozione più totale. Il mezzo busto di Fede, spesso incorniciato dalla credenza in legno ove l’apparecchio televisivo fa bella mostra di sé, assume così l’inconscia valenza di un santuario sotto al quale deporre fiori, accendere candele e talvolta perfino inginocchiarsi a pregare. Ciò che la divinità proferisce è verbo incarnato che può essere oggetto di esegesi e riflessione religiosa, giammai di critica e contestazione. Non a caso le liti più furibonde tra madre e figlio scoppiano a tavola, quando la giovane e innocente creatura accenna a intavolare una qualsiasi argomentazione contraddistinta dai criteri della ragionevolezza e dell’obiettività circa i dogmi della fede che Fede enuncia nel suo sermone serale, come l’inconfutabile simbolismo comunista rappresentato dall’agenda rossa di Paolo Borsellino o come l’assoluzione con formula piena di Marcello Dell’Utri in qualsiasi sentenza passata, presente e futura oppure, ancora, come l’estraneità del suo editore a qualsiasi accusa formulata in qualsiasi tempo, in qualsiasi sede e da qualunque parte.
 Le madri particolarmente intellettuali, poi, leggono. Oltre a Novella2000, Gente ed Oggi, sui loro comodini non mancano mai Il Giornale, Libero e tutt’al più il Corriere. Non si possono neppure lontanamente contraddire, dunque, perché sono perfettamente informate e sanno cosa è bene e cosa non lo è. Se per sbaglio il primogenito torna a casa con una copia di Repubblica, preoccupate ne parlano subito al marito, o si inginocchiano in penitenza sotto al tempio di Fede se sono vedove, mentre liquidano con uno sguardo carico di sdegno quel grumo di inchiostro e cellulosa che profana il tessuto del divano nuovo in salotto. Se poi a fare la comparsa tra le mura domestiche è una copia del Fatto Quotidiano, sul volto delle madri apprensive compare allora un’espressione di autentico terrore, sicché una visita dal prete appare all’improvviso come l’ultima speranza prima di richiedere un esorcismo a Santa Madre Chiesa.
 Discutere è inutile: dopo qualche battuta incerta dove la calma apparente non deriva dalla volontà di uno scambio obiettivo o da una reale capacità di ascolto, ma dell’incredulità e dalla speranza che una povera genitrice coltiva fino all’ultimo di avere semplicemente capito male, di non avere allevato per tanti anni una serpe in seno, gli animi si scaldano in fretta e i toni si accendono superando per intensità e colore le zuffe tra i galli da combattimento più bellicosi della Bretagna antica e surclassando in decibel le risse chiassose di una colonia di trichechi in calore.
 La mafia? Una fiction di Michele Placido. Mangano? Un pover uomo cui Berlusconi ha fatto del bene trovandogli un lavoro come stalliere. I processi e gli scandali del premier? Si tratta della sinistra che cerca di rovesciare il governo del fare con mezzucci ridicoli e meschini, ma gli italiani non sono stupidi. Fini? Lui sì che è un delinquente: hai visto cosa ha combinato a Montecarlo? I magistrati poi hanno le toghe rosse e sempre lui, Fini, se li è comprati, mentre la Mondadori al contrario è sempre stata di Berlusconi. Per quanto riguarda le minorenni… beh, fossero questi i mali del mondo: le credenti innalzeranno una preghierina al cielo e tutto, compresi questi peccatucci veniali, si aggiusterà.
 Alla fine dell’incauto e inopportuno alterco alcuni figlioli che non sanno neppure chi era Che Guevara, che credono nel libero mercato e che magari vorrebbero anche diventare imprenditori di successo, per la sola colpa di essersi illusi per un attimo di poter dialogare in maniera critica e costruttiva, senza necessariamente la volontà di sostenere un arroccamento ideologico ma con il sincero desiderio di confrontarsi, si sentiranno affibbiare il fatidico appellativo di comunista, e alcune madri teocon arriveranno ad aggiungere che marciranno all’inferno.
 Per una discreta parte di quegli 8 milioni e mezzo di maschi compresi tra i 18 e i 39 anni che vivono ancora in famiglia, uccidere la propria madre interiore può essere una questione di vita o di morte, perché la sensazione di sentirsi sporchi, sbagliati, dipendenti e mutilati in ogni aspetto della loro individualità può essere un pesante giogo che li perseguiterà per sempre, ripercuotendosi sulla vita lavorativa, sulla capacità di sviluppare un nuovo nucleo di affetti familiari, sulla possibilità di  affinare le facoltà critiche e di compiere scelte mature, responsabili e prive di sensi di colpa. Tutto questo indipendentemente dal legame fisico con la madre reale, che può continuare a scorrere su binari paralleli senza avere però quella rilevanza totalizzante che paralizza la volontà di un adulto mai completamente cresciuto, o che magari può essersi addirittura già interrotto per cause naturali.
 Del resto, in un ambito diverso ma con sfumature di significato affatto simili, lo disse anche un signore ebreo vissuto duemila anni fa.
« Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo »
[Lc 14, 2]
 Ecco. Lo stesso vale per diventare cittadini consapevoli, informati e capaci di scelte responsabili. Nonché uomini compiuti, si intende.

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