Paolo Rumiz è inviato speciale del quotidiano di Trieste Il Piccolo e segue dal 1986 gli eventi dell'area balcanico-danubiana. Di recente ha iniziato a scrivere anche per il quotidiano La Repubblica di Roma. Ha vinto nel 1993 il premio Hemingway per i suoi servizi dalla Bosnia, e nel 1994 il premio Max David come migliore inviato italiano dell'anno. Nel novembre 2001 si è recato ad Islamabad ed in seguito a Kabul, per documentare l'attacco americano all'Afghanistan.
Paolo Rumiz scommette sulla forza delle grandi storie e si affida al ritmo del verso, della ballata. Ne esce un romanzo-canzone singolare, fascinoso, avvolgente come una storia narrata intorno al fuoco. Racconta di Max e Maša, e del loro amore. Maximilian von Altenberg, ingegnere austriaco, viene mandato a Sarajevo per un sopralluogo nell’inverno del ’97. Un amico gli presenta la misteriosa Maša Dizdarevic´, “occhio tartaro e femori lunghi”, austera e selvaggia, splendida e inaccessibile, vedova e divorziata, due figlie che vivono lontane da lei. Scatta qualcosa. Un’attrazione potente che però non ha il tempo di concretizzarsi. Max torna in patria e, per quanto faccia, prima di ritrovarla passano tre anni. Sono i tre anni fatidici di cui parlava La gialla cotogna di Istanbul, la canzone d’amore che Maša gli ha cantato. Maša ora è malata, ma l’amore finalmente si accende. Da lì in poi si leva un vento che muove le anime e i sensi, che strappa lacrime e sogni. Da lì in poi comincia un’avventura che porta Max nei luoghi magici di Maša, in un viaggio che è rito, scoperta e resurrezione.
Nessun commento:
Posta un commento