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LIBERNAUTA 2012

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Concorso a premi per terrestri curiosi dai 14 ai 19 anni e over 20

martedì 19 ottobre 2010

Mauro Corona - LA FINE DEL MONDO STORTO

Mauro Corona è solito ripetere di non essere nato in barca. Ma forse non tutti sanno che in realtà è nato su un carretto, il 9 agosto del 1950.
I suoi genitori, Domenico “Mene” Corona e Lucia Filippin detta “Thia”, quell’estate vagabondavano per le valli del Trentino come venditori ambulanti, ed è proprio sulla strada che dal borgo di Piné portava a Trento che Mauro ha visto la luce sul carretto dei genitori.
Nonostante attorno alla nascita e alla vita del nostro siano fiorite e sorgano tuttora diverse leggendemetropolitane – alcune persone si stupiscono ancora del fatto che non superi i due metri di altezza – questa che segue è la sua vera storia. Fidatevi di noi, lo conosciamo bene.
Rischiare la pelle diventa subito una questione con la quale farà spesso i conti: ancora in fasce, viene colpito da una brutta polmonite che gli lascia poche possibilità di sopravvivenza. Ma quando attorno al suo capezzale vengono accesi ormai anche quattro ceri, le preghiere della nonna Maria, giunta apposta da Erto, restano l’unica speranza cui affidarsi, Mauro guarisce miracolosamente. Non ci dovremmo proprio stupire se oggi si ritrova ad essere un carpino con la scorza dura e tenace come quella del corniolo.
Mauro trascorre quasi sei anni a Piné, ma non ricorda molto di quel periodo. Poi la famiglia decide di riportare lui e il fratello Felice, nato nel 1951, al paese d’origine, Erto, un pugno di case incassato nella valle del torrente Vajont, ultimo baluardo del Friuli occidentale. Mauro conosce i nonni paterni Felice e Maria, e Tina, la zia sordomuta. Trascorre l’infanzia nella Contrada San Rocco, assieme ad altri coetanei ertani. Alcuni di loro, Silvio, Carle, l’Altro Carle, Meto, Piero, Basili, diventeranno suoi inseparabili amici. 
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 Un giorno il mondo si sveglia e scopre che sono finiti il petrolio, il carbone e l'energia elettrica. È pieno inverno, soffia un vento ghiacciato e i denti aguzzi del freddo mordono alle caviglie. Gli uomini si guardano l'un l'altro. E ora come faranno? La stagione gelida avanza e non ci sono termosifoni a scaldare, il cibo scarseggia, non c'è nemmeno più luce a illuminare le notti. Le città sono diventate un deserto silenzioso, senza traffico e senza gli schiamazzi e la musica dei locali. Rapidamente gli uomini capiscono che se vogliono arrivare alla fine di quell'inverno di fame e paura, devono guardare indietro, tornare alla sapienza dei nonni che ancora erano in grado di fare le cose con le mani e ascoltavano la natura per cogliere i suoi insegnamenti. Così, mentre un tempo duro e infame si abbatte sul mondo intero e i più deboli iniziano a cadere, quelli che resistono imparano ad accendere fuochi, cacciare gli animali, riconoscere le erbe che nutrono e quelle che guariscono. Resi uguali dalla difficoltà estrema, gli uomini si incammineranno verso la possibilità di un futuro più giusto e pacifico, che arriverà insieme alla tanto attesa primavera. Ma il destino del mondo è incerto, consegnato nelle mani incaute dell'uomo... Mauro Corona ancora una volta stupisce costruendo un romanzo imprevedibile. Un racconto che spaventa, insegna ed emoziona, ma soprattutto lascia senza fiato per la sua implacabile e accorata denuncia di un futuro che ci aspetta. 

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