“C’è una paura nuova che leggo negli occhi di molte persone. È il timore di ritornare poveri, di andare incontro a un futuro difficile, di non sapere quale sarà il destino dei figli. Qualche anno fa, non era così. Ma in questo 2011 tutto è cambiato in peggio. La grande crisi economica e finanziaria ci ha messi di fronte a una realtà che nessuno immaginava: la nostra società è fragile e il benessere che abbiamo conquistato potrebbe svanire. Torneremo poveri come erano i nostri genitori e i nonni? Questa incognita mi ha spinto a ricordare l’epoca che ha visto nascere e crescere fra mille stenti mia nonna Caterina Zaffiro e mio padre Ernesto, uno dei suoi figli. Lei era nata nel 1869 nella Bassa vercellese, in una famiglia di contadini strapelati. Andata in sposa a un bracciante altrettanto misero, Giovanni Pansa, rimase vedova a 33 anni, con sei bambini da sfamare. È la sua vita tribolata a farmi da guida nel racconto dell’Italia fra l’Ottocento e il Novecento, quello che il lettore troverà in Poco o niente. Era un mondo feroce, dove pochi ricchi comandavano, decidevano tutto e si godevano le figlie dei miserabili. I poveri erano tantissimi, venivano messi al lavoro da piccoli, poi l’ignoranza li spingeva a comportarsi da violenti. Anche con le loro donne, costrette a partorire un figlio dopo l’altro, oppure ad abbandonare una famiglia brutale diventando prostitute. Le campagne succhiavano il sangue dei braccianti, condannati a patire la fame. Le città erano un inferno, in preda al colera, alla malaria, al vaiolo, alla pellagra. Torme di bambini cenciosi vivevano sulla strada mendicando. I bordelli prosperavano e il sesso nascosto trionfava. Dietro un ordine apparente, covava il grande disordine che sarebbe sfociato nella prima guerra mondiale.
Fu allora che si consumò il massacro dei poveri in divisa, vissuto anche da mio padre Ernesto, arruolato a 18 anni. Un macello destinato a concludersi con una contesa rabbiosa tra rossi e neri, chiusa dall’avvento del fascismo. Poco o niente è il ritratto del nostro passato e un monito per il futuro che ci attende, pieno di incognite. Ci farà tremare e sorridere, perché la vita è fatta così.”
G.P.
Fu allora che si consumò il massacro dei poveri in divisa, vissuto anche da mio padre Ernesto, arruolato a 18 anni. Un macello destinato a concludersi con una contesa rabbiosa tra rossi e neri, chiusa dall’avvento del fascismo. Poco o niente è il ritratto del nostro passato e un monito per il futuro che ci attende, pieno di incognite. Ci farà tremare e sorridere, perché la vita è fatta così.”
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