Nata a Cabras, il 3 giugno del 1972, Michela Murgia, si presenta come una scrittrice italiana piena di vitalità. Uno stile di vita sano la contraddistingue, niente fumo, nè alcool, è vegetariana e profondamente legata alla sua terra natale, la Sardegna, ama la sua famiglia tanto quanto se stessa. I suoi testi, diretti e precisi, sprigionano uno stile giovane e moderno di letteratura.
Tra le sue opere ricordiamo "Il monde deve sapere", un romanzo, una commedia e un’inchiesta. Diverte quanto fa tremare e arrabbiare. È il diario di un mese di lavoro in un call center, dove racconta la precarietà, riuscendo miracolosamente anche a far ridere. Fino alle lacrime. Dal libro è stato tratto il film "Tutta la vita davanti" diretto da Paolo Virzi'.
Michela ha scritto anche dei racconti per il libro "Questo terribile intricato mondo" del 2007, un'antologia di racconti inediti che nasce da un desiderio: pensare alla politica come a un luogo che riguarda, tutti dal comico al barista, per rendere udibili tutte le voci.
Tra le sue opere ricordiamo "Il monde deve sapere", un romanzo, una commedia e un’inchiesta. Diverte quanto fa tremare e arrabbiare. È il diario di un mese di lavoro in un call center, dove racconta la precarietà, riuscendo miracolosamente anche a far ridere. Fino alle lacrime. Dal libro è stato tratto il film "Tutta la vita davanti" diretto da Paolo Virzi'.
Michela ha scritto anche dei racconti per il libro "Questo terribile intricato mondo" del 2007, un'antologia di racconti inediti che nasce da un desiderio: pensare alla politica come a un luogo che riguarda, tutti dal comico al barista, per rendere udibili tutte le voci.
Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero che a Soreni si fa fatica a comprendere. La vecchia e la bambina camminano per le strade del paese seguite da uno strascico di commenti malevoli, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno. Quarta figlia femmina di madre vedova, Maria è abituata a pensarsi, lei per prima, come "l'ultima". Per questo non finiscono di sorprenderla il rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro, ma soprattutto la lascia vivere e non sembra desiderare niente al posto suo. "Tutt'a un tratto era come se fosse stato sempre così, anima e fili'e anima, un modo meno colpevole di essere madre e figlia". Eppure c'è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi lunghi, c'è un'aura misteriosa che l'accompagna, insieme a quell'ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma non capisce, e una sapienza quasi millenaria riguardo alle cose della vita e della morte. Quello che tutti sanno e che Maria non immagina, è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell'accabadora, l'ultima madre.
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