Tutto congiura perché Montalbano prenda atto del proprio compleanno e,
bravando e brontolando, si lasci ferire dalla ruvida evidenza dei suoi
cinquantotto anni. Soliloquista e monologatore, il commissario di Vigàta
scivola talvolta in una dimensione immaginativa di minacciosa
intensità, ma sa come governare la giostra che il mondo gli fa intorno e
deludere i toni di urgenza e le intimazioni di resa. Nuovi accidenti e
strani, vili crudeltà e ampie atrocità, messinscene squallide o di
fastosa turpitudine, si incastrano capziosamente in un gioco di scatole
cinesi irto di replicazioni. Tutto comincia con il furto degli incassi
in un supermercato. Seguono a valanga, come per una reazione a catena,
delitti di crescente impatto. Il medico legale, Pasquano, ha il suo da
fare fra tanto aroma di sangue. È burbero come sempre, nei suoi larghi
giri di indisponenza; ma è cauteloso come mai. Si fiuta aria
d’intimidazione tutt’attorno. Si intuisce un disegno criminale guidato,
con mano di ghiaccio e cinica impudicizia, lungo la zona d’ombra nella
quale il potere politico convive e si confonde con quello del malaffare e
della mafia: non senza i dimenamenti, le scorrettezze o le connivenze,
più o meno attive, persino di alcune autorità preposte al rispetto della
legge. Lo stesso Montalbano, che è un rigoroso supervisore di dettagli e
ha esatta intuizione scenica, è indotto a una cordialità cauta con i
superiori ipocriti e pelosamente prudenti. Padroneggia più trucchi e
oppone falsità a falsità, con qualche geniale furfantaggine.
Si
imbatte in un sogno, Montalbano, che gli è rimasto attaccato alle
palpebre. La sua devozione cinematografica vi riconosce lo spezzone di
un film di Brian De Palma con le atmosfere thrilling della Chicago
corrotta e violenta di Al Capone. Il film è il remake di un serial
televisivo. Il sogno è un remake di secondo grado, che fa il verso al
citazionismo del regista (e dello stesso Camilleri, che intitola il
romanzo con il rivolgimento parodico della serenata napoletana Voce ’e notte).
Montalbano è come l’agente governativo del film. Ha anche lui una
squadra di tre poliziotti «intoccabili» che lavorano d’intesa. Della
squadra, insieme a Fazio con il suo portatile archivio genealogico, e ad
Augello, zelante quanto suscettibile, fa parte a pieno titolo il
telefonista Catarella: l’elettrizzato folletto della scienza tecnologica
messa al servizio delle indagini, cui non nuocciono esilaranti frappa
menti e sfracelli linguistici.
Montalbano non trattiene lo sdegno
davanti alla Chicago di Al Capone, che dilaga in terra italica. Fa sua
l’irritata impazienza di Cicerone contro Catilina. E rimodula in
vigatese l’antica requisitoria latina: «In quale parte del mondo ci
troviamo? Quale governo abbiamo? In quale città viviamo?». Salvatore Silvano Nigro
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