L’idea dell’editore Laterza di promuovere in alcune scuole particolarmente rappresentative di dieci città italiane – Bologna, Genova, Milano Palermo, Bari, Firenze, Napoli, Vicenza, Roma, Torino – lezioni, dibattiti e seminari sul Risorgimento e su questioni di attualità politica e culturale, è il modo migliore di ricordare il 150esimo dell’Unità Nazionale. Nonostante le gravi difficoltà in cui si dibatte, la scuola italiana ha ancora grandi riserve di passione civile. Ci sono insegnanti e studenti che vogliono vivere con dignità, e capire il Risorgimento attraverso un approfondimento serio che privilegi in primo luogo il confronto di diverse interpretazioni. Nelle pubbliche celebrazioni la cattiva retorica e i discorsi di maniera sono sbagliati e controproducenti; nelle scuole sono del tutto fuori luogo. Per questo le iniziative promosse per il 15, 16 e 17 marzo vedono ovunque impegnati studiosi di orientamento diverso, dai più severi critici del Risorgimento ai suoi più convinti ammiratori (il programma, città per città, su www.italiaunitascuola.it).
Proprio dalla discussione libera e rigorosa potrà emergere il valore ideale del nostro Risorgimento, e i giovani potranno trovare nel nostro passato nuove energie morali e una rinnovata saggezza politica che li aiuteranno ad affrontare e a combattere la deprimente condizione di degrado civile e umano nel quale tocca loro vivere. Il nostro Risorgimento ha infatti elaborato un’ideale di patria fondato sul principio della libertà civile e politica e sul rispetto della libertà degli altri popoli e delle altre nazioni. Le radici storiche di questo concetto di patria sono nel pensiero politico del Rinascimento e nell’Illuminismo. Questa tradizione di pensiero interpreta l’amore della patria come amore caritatevole della libertà e del bene comune che si traduce in cura e servizio.
Mazzini spiegò a chiare lettere che vera patria è non è il territorio, ma l’associazione che garantisce il pieno rispetto dei diritti, compresi i diritti sociali, che permettono agli esseri umani di vivere con dignità di cittadini. La patria non si contrappone al principio di umanità, ma è il mezzo più efficace per attuarlo. Carlo Cattaneo riteneva che il cuore della libera nazione fossero i comuni intesi come centri di autogoverno. Garibaldi non ha mai esaltato la guerra e la conquista, ma ha invocato con forza nei congressi internazionali l’unità dell’Europa quale mezzo per porre fine alle carneficine imposte dalla politica di potenza. Per lui, e per i patrioti del Risorgimento, la guerra non era fine ma mezzo per la conquista e la difesa della libertà della patria fra libere patrie. Fra questa idea di patria e il nazionalismo che invoca quale valore predominante l’omogeneità culturale, linguistica, religiosa o etnica di un popolo (secondo la lezione di alcuni teorici) o l’affermazione della nazione nello scontro con le altre nazioni (o varie combinazioni dell’una e dell’altra idea) c’è un abisso morale e politico.
Questo non esclude che nel linguaggio politico e nella cultura del Risorgimento i concetti di patria e di amor di patria abbiano assunto anche significati propri del nazionalismo. Molti scrittori politici, storici e letterati, soprattutto dopo il 1870, hanno insistito sulla comune appartenenza etnica, sulla religione cattolica intesa come tratto distintivo dell’identità italiana, sulla nostalgia per la passata grandezza e sulla volontà di ritrovarla. Come avviene spesso nella storia, possiamo trovare nel Risorgimento italiano esempi di un linguaggio ibrido che combina elementi di diverse tradizioni.
Come sarebbe cattiva storiografia presentare il Risorgimento quale trionfo dell’ideale del patriottismo nel suo significato più puro, così è storiografia altrettanto cattiva presentare il Risorgimento come trionfo del peggior nazionalismo che esalta la razza, la discendenza etnica, il sangue, il sacrificio, il martirio e la comunità dei guerrieri. Capire il Risorgimento è condizione indispensabile anche per intendere il valore ideale della resistenza antifascista. I migliori e più intransigenti antifascisti cercarono e trovarono nelle idee e nelle biografie degli uomini del Risorgimento esempi e motivazioni per il loro impegno. Vittorio Foa, per citare un solo esempio, nel carcere di Regina Coeli, riconosceva al Risorgimento il merito di aver educato gli Italiani ad un patriottismo fondato su un concetto di patria che “non esprime una entità territoriale né deve necessariamente identificarsi con determinati istituti e tanto meno colle aspirazioni di un gruppo di persone per il fatto che esse hanno più spesso quella parola sulle labbra; ma ha invece un contenuto concretamente ideale”.
Le due più importanti esperienze di emancipazione politica della storia italiana, il Risorgimento e la Resistenza antifascista, che tali furono nonostante i loro limiti e i loro vizi, sono state dunque sostenute dall’idea che patria vuol dire libertà comune di un popolo che vuole vivere libero fra popoli liberi. In tempi come questi, così poveri di esempi di idealità, offrire ai giovani l’opportunità di riflettere sull’esperienza dell’Unità nazionale, significa stimolarli a pensare che la vita può essere vissuta anche come missione per un principio di libertà.
Il Fatto Quotidiano, 8 marzo 2011
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