librerie canova

librerie canova
Conegliano - Treviso

LIBERNAUTA 2012

LIBERNAUTA 2012
Concorso a premi per terrestri curiosi dai 14 ai 19 anni e over 20

mercoledì 31 agosto 2011

Michela Marzano - VOLEVO ESSERE UNA FARFALLA

Michela Marzano è un'affermata filosofa e scrittrice, un'autorità negli ambienti della società culturale parigina. Dalla prima infanzia a Roma alla nomina a professore ordinario all'università di Parigi, passando per una laurea e un dottorato alla Normale di Pisa, la sua vita si è svolta all'insegna del «dovere». Un diktat, però, che l'ha portata negli anni a fare sempre di più, sempre meglio, cercando di controllare tutto. Una volontà ferrea, ma una costante violenza sul proprio corpo. «Lei è anoressica» le viene detto da una psichiatra quando ha poco più di vent'anni. «Quando finirà questa maledetta battaglia?» chiede lei anni dopo al suo analista. «Quando smetterà di volere a tutti i costi fare contente le persone a cui vuole bene» le risponde. E ha ragione, solo che è troppo presto. Non è ancora pronta a intraprendere quel percorso interiore che la porterà a fare la pace con se stessa.
«L'anoressia non è come un raffreddore. Non passa così, da sola. Ma non è nemmeno una battaglia che si vince. L'anoressia è un sintomo. Che porta allo scoperto quello che fa male dentro. La paura, il vuoto, l'abbandono, la violenza, la collera. È un modo per proteggersi da tutto ciò che sfugge al controllo. Anche se a forza di proteggersi si rischia di morire. Io non sono morta. Oggi ho quarant'anni e tutto va bene. Perché sto bene. Cioè... sto male, ma male come chiunque altro. Ed è anche attraverso la mia anoressia che ho imparato a vivere. Anche se le ferite non si rimarginano mai completamente.
In questo libro racconto la mia storia. Pensavo che non ne avrei mai parlato, ma col passare degli anni parlarne è diventata una necessità. Per mostrare chi sono e che cosa penso. Perché, forse, senza quella sofferenza non sarei diventata la persona che sono oggi. Probabilmente non avrei capito che la filosofia è soprattutto un modo per raccontare la finitezza e la gioia. Gli ossimori e le contraddizioni. Il coraggio immenso che ci vuole per smetterla di soffrire e la fragilità dell'amore che dà senso alla vita.»

martedì 30 agosto 2011

Giulietto Chiesa - ZERO²

L’aereo che avrebbe colpito il Pentagono non è quello indicato dell’American Airlines. La scatola nera “trovata” stabilisce una rotta diversa. Nuovi video del crollo dell’edificio 7 del World Trade Center – non colpito da nessun aereo – mostrano una distruzione repentina, inconcepibile secondo gli assunti della “verità” che è stata offerta all’opinione pubblica.L’esercitazione militare Vigilant Guardian oscurò proprio in quel giorno gli schermi della difesa aerea degli Stati Uniti d’America per quasi tre ore. Chi doveva difendere la massima potenza mondiale era stato accecato da immagini virtuali.Rivelazioni di WikiLeaks adombrano inquietanti scenari da golpe.“Testimoni oculari” ammettono la non veridicità delle loro dichiarazioni iniziali.Sono solo alcune delle nuove prove che il gruppo indipendente che ha a lungo indagato sull’attentato dell’11 settembre mostra oggi come autentiche “pistole fumanti”. Dieci anni sono passati da quel tragico giorno che cambiò la storia del mondo. Da dieci anni siamo in guerra contro il “terrorismo internazionale”. Da allora non un solo responsabile è stato individuato con certezza. Nessuno è stato incriminato. Nemmeno Osama bin Laden lo è mai stato, per l’11 settembre.Al mondo è stata raccontata una versione di complotto – 19 terroristi islamici armati di taglierini – che, ne sono convinti gli autori di questa poderosa inchiesta che allinea un’enorme mole di dati e coinvolge un gran numero di specialisti, non regge alle più elementari verifiche. Sono proprio quelle verifiche a suggerire ipotesi ben più razionali e realistiche e a conferire una certezza: proprio non può essere andata come ci hanno raccontato.L’11 settembre ha cambiato la storia. Con quel tragico e spettacolare attentato, in cui hanno perso la vita circa tremila persone innocenti, gran parte delle certezze occidentali sono andate in frantumi. Ne è seguita un’offensiva che ha già prodotto due guerre. La geopolitica di intere aree del pianeta è stata modificata. Ecco perché a parlare oggi dell’11 settembre non significa guardare al passato. Significa occuparci del nostro futuro.

lunedì 29 agosto 2011

Alexander McCall Smith - PRATICHE APPLICAZIONI DI UN DILEMMA FILOSOFICO

Isabel Dalhousie, filosofa e investigatrice, è ormai soprattutto una mamma premurosa, attenta alle esigenze del suo piccolo Charlie. Ma da inguaribile 'intromettitrice' continua ad avere la tendenza a occuparsi degli affari altrui, naturalmente a fin di bene. L'etica, per lei, non è per niente astratta, anzi, è parte della vita di tutti i giorni: dovrebbe dare il suo parere spassionato sull'esecuzione di un brano musicale che ha detestato? Dovrebbe pubblicare sulla rivista che dirige lo studio filosofico di un ex collega, anche se inadeguato da ogni punto di vista? Dovrebbe prestare dei soldi a un ragazzo che rimane vago sul motivo per cui ne ha bisogno? E poi c'è la nipote Cat, da aiutare con la gestione della gastronomia e del sempre più eccentrico Eddie, il commesso, e una crisi di coppia passeggera con Jamie, il suo giovane compagno, che la trascura per nuove amicizie.
In mezzo a tutte queste preoccupazioni quotidiane, il suo spirito da detective non viene comunque meno: così quando in maniera fortuita, durante una conversazione, viene a conoscenza della vicenda di un medico la cui carriera sta per essere rovinata, forse ingiustamente, Isabel non riesce a tirarsi indietro e comincia a indagare, muovendosi con tatto e determinazione finchè il caso, a suo modo, non verrà chiarito. 

UN BRANO
"Cosa aveva spinto Isabel Dalhousie a pensare al caso? Era una di quelle curiose coincidenze - del tutto illogiche - che capitano, per esempio, quando si gira l'angolo e ci si trova davanti la persona a cui si stava pensando proprio in quel momento. O quando si risponde al telefono e si sente la voce dell'amico che stavamo giusto per chiamare. Sono cose che ci fanno credere alla telepatia - della quale abbiamo, ahimè, ben poche prove concrete, come dell'esistenza di Babbo Natale - o al puro caso, che ci illudiamo giochi un ruolo marginale nella nostra vita. Eppure il caso, pensò Isabel, influenza molto di ciò che ci capita, a partire dalla lotteria che è ogni nascita. Ci piace pensare di poter pianificare quanto ci accade, ma, senza dubbio, il caso si nasconde dietro tanti grandi eventi della vita: l'incontro con la persona con cui siamo destinati a passare il resto dei nostri giorni, un certo consiglio che influenza la scelta della carriera che intraprenderemo, l'imbattersi in una certa casa in vendita; tutte cose che possono essere attribuite al puro caso, ma che nondimeno governano la nostra esistenza e la possibilità , o meno, di essere felici." 

sabato 27 agosto 2011

UN NUOVO '92 E' ALLE PORTE




Un nuovo '92 è alle porte. Rispetto ad allora la corruzione è aumentata e i giudici sono stati messi nelle condizioni di non nuocere. E questo è forse un bene. Un cambiamento radicale in Italia non può avvenire attraverso la magistratura, ma solo con il risveglio dei cittadini come disse Monicelli. Amato, vicesegretario generale del Psi dei ladri, si presentò allora in televisione in qualità di presidente del Consiglio (sic). Disse che se non cacciavamo 90.000 miliardi di lire, una cifra enorme per l'epoca, eravamo falliti. Introdusse l'ICI sulle nostre abitazioni e mise letteralmente le mani nei nostri conti correnti con un prelievo forzoso. Craxi si rifugiò in Tunisia per non finire in galera e l'Italia finì nelle mani dei suoi nani e delle sue ballerine. Tremorti, Brunettolo e Sacconi erano al suo servizio e ora sono ministri. L'ex presidente del Consiglio, ora commissariato e senza alcun potere, si trovava nella stanza di Bottino Craxi all'hotel Raphael. Il futuro latitante scese a prendersi le monetine da 200 lire e il suo sodale si prese il Paese in nome e per conto del craxismo. Dal '92 viviamo sospesi, tra stragi irrisolte e nell'assenza di un progetto di futuro. Il Paese ha divorato sé stesso, le sue industrie, l'ambiente. Ha perduto la coesione sociale e il rispetto che aveva nel mondo. Il debito pubblico ci ha consentito di spostare sempre più in là la resa dei conti. Un pozzo di San Patrizio maligno a cui si è attinto per non guardare in faccia la realtà. La Nazione è ora indebitata in modo irreparabile e senza speranze di sviluppo nel medio termine. In sostanza è fallita.
Se nel '92 una cura da cavallo ci permise di rimanere in piedi, oggi non solo non è sufficiente una manovra da 90 miliardi di euro, ma forse neppure da 200 miliardi, e tagliare non serve senza un'idea di futuro. Il craxismo ha vinto. Craxi iniziò lo smantellamento del Paese all'inizio degli anni '80 e i suoi successori lo hanno portato a termine. Nel '92 crollò il comunismo, nel 2012 la stessa sorte potrebbe toccare al capitalismo (o super capitalismo come è spesso chiamato). L'Italia è una barchetta di carta nelle tempeste internazionali che la aspettano. Non ci aiuteranno gli Stati Uniti, né tanto meno la UE. Se non ne usciamo da soli rischiamo l'implosione, una jugoslavia dolce, un rompete le file, ognuno per sé e Dio per tutti. Il ribellismo al Sud e la secessione di alcune Regioni al Nord. Questa indegna classe politica non se ne vuole andare, eppure dovrebbe, fosse solo per un sussulto di dignità. Chi ha fallito e continua a vivere di privilegi non può restare un minuto di più al suo posto. Non può chiedere nulla al Paese. Vale per il Governo, vale per le cosiddette opposizioni e vale ancor di più per le Istituzioni. Io, Grillo, cittadino italiano, nato a Genova, di mestiere comico, mi sono rotto i coglioni. Può essere un sintomo strettamente personale, ma credo invece che appartenga ormai alla maggior parte degli italiani. Con una nuova classe politica forse ce la possiamo fare, con questa siamo condannati. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.



Ellen Block - PAROLE SULLA SABBIA


Dopo la tragica morte del marito e del figlio nell’incendio della loro casa di Boston, Abigail Harker abbandona il suo amato lavoro di lessicografa per diventare custode di un vecchio faro su un’isola sperduta al largo della costa del North Carolina. Arrivata a Chapel Isle fuori stagione, Abigail immagina di trovarvi pace e solitudine e di poter esplorare con tranquillità l’isola che suo marito aveva amato da bambino. Ma le cose vanno diversamente. Il pittoresco faro in realtà è un edificio diroccato e inquietante che custodisce un misterioso passato. E, d’altra parte, Abigail è perseguitata dal suo di passato, anche se, lentamente, riesce a intessere legami sorprendenti con le persone del luogo e a stabilire un rapporto con il proprio dolore che le permetterà di trovare un nuovo equilibrio.
Parole sulla sabbia
racconta uno dei più grandi misteri della vita: la forza che nasce per farci superare una perdita devastante, attraverso il potere delle parole e la loro capacità di guarire, di trasformare, di toccare il cuore. Pubblicato negli Stati Uniti, grazie al solo passaparola è diventato in breve tempo uno dei romanzi più consigliati e amati dai blog, dai circoli dei librai e dai lettori, che hanno addirittura chiesto all’autrice di scriverne il seguito. 
I GIUDIZI

"Ellen Block racconta con rara delicatezza le sofferenze del cuore e la guarigione di un’anima ferita."
Publishers’ Weekly

"Un’autrice che emerge dal panorama letterario con un romanzo che spicca per qualità."
L.A. Magazine

"Un inno alla vita."
Booklist
UN BRANO
"Il traghetto si avvicinava a Chapel Isle, e la veduta pittoresca dell’isola era deturpata da una scena inquietante. Uno dei pali del molo aveva ceduto e un’asse rotta penzolava precaria sull’acqua. Il pontile sembrava quasi sul punto di crollare.
«Non promette nulla di buono» si disse Abigail.
Studiare la lingua da così tanto tempo le aveva insegnato che le prime impressioni non sono necessariamente le più affidabili. L’ortografia di una parola e la sua pronuncia possono essere incredibilmente inconciliabili. Ecco perché ogni voce nel dizionario ha una guida fonetica. Abigail si sforzò di credere che la stessa logica potesse valere per Chapel Isle."
 

venerdì 26 agosto 2011

Ruta Sepetys - AVEVANO SPENTO ANCHE LA LUNA

Mi hanno tolto tutto.
Mi hanno lasciato soltanto il buio e il freddo.
Ma io voglio vivere.
A ogni costo.


«Avevano spento anche la luna è un romanzo duro e poetico al tempo stesso. Un'opportunità per colmare un vuoto troppo a lungo dimenticato.»
The Wall Street Journal»

«I commenti entusiastici dei librai dimostrano la potenza di questo romanzo.»
«Publishers Weekly»

«Pochi libri sono ben scritti, pochissimi sono importanti, questo romanzo è entrambe le cose.»
«The Washington Post»

«Morirono più di venti milioni di persone. Ma c'è ancora chi nega questa realtà. Ruta Sepetys, figlia di un rifugiato lituano, dimostra che la verità è un'altra. Commovente. Un romanzo importante, che merita il maggior pubblico possibile.»
«Booklist»


Lina ha appena compiuto quindici anni quando scopre che basta una notte, una sola, per cambiare il corso di tutta una vita. Quando arrivano quegli uomini e la costringono ad abbandonare tutto. E a ricordarle chi è, chi era, le rimangono soltanto una camicia da notte, qualche disegno e la sua innocenza. È il 14 giugno del 1941 quando la polizia sovietica irrompe con violenza in casa sua, in Lituania.
Lina, figlia del rettore dell'università, è sulla lista nera, insieme a molti altri scrittori, professori, dottori e alle loro famiglie. Sono colpevoli di un solo reato, quello di esistere. Verrà deportata. Insieme alla madre e al fratellino viene ammassata con centinaia di persone su un treno e inizia un viaggio senza ritorno tra le steppe russe. Settimane di fame e di sete. Fino all'arrivo in Siberia, in un campo di lavoro dove tutto è grigio, dove regna il buio, dove il freddo uccide, sussurrando. E dove non resta niente, se non la polvere della terra che i deportati sono costretti a scavare, giorno dopo giorno.
Ma c'è qualcosa che non possono togliere a Lina. La sua dignità. La sua forza. La luce nei suoi occhi. E il suo coraggio. Quando non è costretta a lavorare, Lina disegna. Documenta tutto. Deve riuscire a far giungere i disegni al campo di prigionia del padre. È l'unico modo, se c'è, per salvarsi. Per gridare che sono ancora vivi. Lina si batte per la propria vita, decisa a non consegnare la sua paura alle guardie, giurando che, se riuscirà a sopravvivere, onererà per mezzo dell'arte e della scrittura la sua famiglia e le migliaia di famiglie sepolte in Siberia. Ispirato a una storia vera, Avevano spento anche la luna spezza il silenzio su uno dei più terribili genocidi della storia, le deportazioni dai paesi baltici nei gulag staliniani. Venduto in ventotto paesi, appena uscito in America è balzato in testa alle classifiche del «New York Times». Definito all'unanimità da librai, lettori, giornalisti e insegnanti un romanzo importante e potente, racconta una storia unica e sconvolgente, che strappa il respiro e rivela la natura miracolosa dello spirito umano, capace di sopravvivere e continuare a lottare anche quando tutto è perso. 



LE TAPPE DI UN SUCCESSO EDITORIALE:

Gennaio 2011 Stati Uniti. Non è ancora uscito, eppure tutti parlano di Avevano spento anche la luna di Ruta Sepetys, un romanzo d'esordio venduto in ventotto paesi, definito già dalla stampa un romanzo fondamentale, un'opportunità per colmare un vuoto dimenticato. Garzanti è stato uno dei primi editori al mondo ad acquisirne i diritti.
Febbraio 2011 Il web è già peno di commenti entusiastici di librai, lettori e insegnanti che hanno letto il romanzo in anteprima.
Marzo 2011 Avevano spento anche la luna esce negli Stati Uniti e dopo pochi giorni balza in testa alla classifica del «New York Times».
Fine marzo «The Washington Post», «The Wall Street Journal», «Publishers Weekly» e tutte le più importanti testate giornalistiche statunitensi sono concordi: si tratta di un romanzo importantissimo, che colpisce al cuore, e illumina per la prima volta una parte di storia sconosciuta.
Aprile 2011 I giornali italiani si occupano già del libro, anche se non è ancora uscito.
Alessandra Farkas sul «Corriere della Sera» scrive che «affronta una delle pagine più dolorose della storia moderna».
Maggio 2011 Molti insegnanti adottano il libro nelle scuole.
Estate 2011 Il passaparola continua: il romanzo mantiene la sua posizione nella classifica dei bestseller più venduti in America. Intanto gli editori europei preparano il lancio internazionale.
Settembre 2011 Avevano spento anche la luna esce finalmente in Italia.

giovedì 25 agosto 2011

Marcela Serrano - DIECI DONNE

In breve
Nove donne si confessano dalla psicoterapeuta che hanno in comune e raccontano le loro vite. Con la consueta sensibilità, Marcela Serrano, l'autrice di Noi che ci vogliamo così bene, ci offre ora un caleidoscopio dell'universo femminile in tutta la sua sfaccettata bellezza.
Il libro
Nove donne più una. Nove donne radunate nello studio della loro psicoterapeuta raccontano la propria storia e le ragioni per le quali sono andate in terapia. Lupe, adolescente lesbica, alla ricerca della propria identità tra feste, sesso, droghe e passioni non proprio convenzionali; Luisa, vedova di un desaparecido, che per trent'anni aspetta il ritorno del suo unico amore; Andrea, giornalista di successo che si rifugia nella solitudine di Atacama, il deserto più arido del pianeta, sono alcune delle protagoniste di questo vivace romanzo che parla di donne e di sentimenti. Seppur profondamente diverse per età, estrazione sociale e ideologia politica, scopriamo che le loro esperienze si richiamano e che la vera protagonista del romanzo è la femminilità.

"Leggere Marcela Serrano è come scrutare negli occhi tutte le donne del mondo."

Arturo Perez-Reverte


"Marcela Serrano è l'erede di Sheherazade."

Carlos Fuentes
 

mercoledì 24 agosto 2011

Thierry Jonquet - TARANTOLA

Ci hai messo parecchio per emergere dal torpore. I tuoi ricordi erano vaghi. Avevi fatto un incubo, un sogno orribile, nel tuo letto?
No, tutto era buio come la notte del sonno, ma adesso ti eri svegliato per bene. Hai gridato, a lungo. Hai tentato di muoverti, di risollevarti.

Ma delle catene ti bloccavano i polsi, le caviglie, non accordando loro che una libertà di movimento molto ridotta. Nell’oscurità, hai palpato il suolo sul quale eri disteso. Un terreno duro, coperto da una specie di tela cerata. E dietro un muro, tappezzato di muschio. Le catene vi erano sigillate, solidamente. Le hai strattonate, poggiando un piede contro il muro, ma avrebbero potuto resistere a una trazione ben piú forte.

È soltanto allora che ti sei reso conto della tua nudità. Eri nudo, legato a un muro con delle catene. Ti sei palpato il corpo, febbrilmente, cercando piaghe la cui sofferenza poteva essere restata muta. Ma la tua pelle, fine, era liscia, indolore.

Thierry Jonquet, Tarantola
In Francia è un «cult» che ha inaugurato una nuova stagione del polar, ma oggi, lì e altrove, è per tutti «il romanzo che ha conquistato Pedro Almodóvar», che ne ha tratto ispirazione per il suo ultimo film.
Già presentato a Cannes e dal 23 settembre nelle sale italiane, l’adattamento cinematografico firmato dall’autore spagnolo si intitola La pelle che abito, e se pure Almodóvar dichiara di aver molto rimaneggiato trama e personaggi, il titolo che ha scelto sarebbe stato perfetto anche per il romanzo di Jonquet. Perché Tarantola è prima di tutto una storia di corpi «abitati» e una riflessione sull’identità – su come la costruiamo, su come la perdiamo, e su quando sia difficile individuare la materia (fisica, psicologica, emotiva) che la compone.


A trasformare la riflessione in un thriller psicologico dalle sfumature horror - «un horror senza grida di spavento», ha detto Almodóvar parlando del suo film –, un intreccio complesso e perfettamente congegnato: un chirurgo plastico di successo, Richard Lafargue, ha una compagna splendida, Ève, che esibisce alle feste ma che poi, a casa, tiene segregata in un bunker, sottoposta a torture e umiliazioni. Chi è davvero quella donna, e perché per lei sembra così difficile liberarsi del proprio carnefice?
Al mistero che unisce Ève e Richard, Jonquet intreccia le storie – apparentemente lontane – di Alex, che dopo aver ucciso un poliziotto sogna un intervento di chirurgia che lo renda irriconoscibile, e Victor, un ragazzo che si ritrova in balia di un «padrone» crudele e carismatico.

Ovviamente, come in ogni grande noir, tutto torna e tutto si tiene, ma nessuna spiegazione serve a cancellare il senso di profonda inquietudine che si annida tra le righe di Tarantola. Pagina dopo pagina, nel ribaltamento continuo di ruoli imposto da Jonquet, ci accorgiamo che le vittime non sono mai del tutto innocenti, e la crudeltà dei carnefici non è mai davvero gratuita. Tanto che viene da chiedersi, alla fine, chi sia il ragno e chi la preda. 

Perché Richard tiene rinchiusa Ève in una camera?
Quale passato misterioso li tiene uniti e quale segreto impedisce alla vittima di liberarsi del suo carnefice?
Una storia nerissima che affonda nell'ambiguità oscena dei corpi e delle loro identità.
Il noir che ha ispirato il film di Pedro Almodóvar La pelle che abito.



Richard Lafargue è un famoso chirurgo plastico.
Nessuno sa che la donna che porta in giro con orgoglio è in realtà sua prigioniera. Richard costringe Ève a prostituirsi, gode nel vederla torturare dai clienti, si bea del disgusto e della sofferenza di lei. E ogni tanto la porta da Viviane... Alex Barny ha rapinato una banca. Ha ucciso un poliziotto, è rimasto ferito. Deve nascondersi. Ma le telecamere di sorveglianza hanno ripreso il suo volto.
È disposto a tutto pur di salvarsi?
Vincent Moreau è andato a fare un giro in moto. Era notte, qualcuno lo inseguiva nella foresta. È stato catturato. Da quattro anni se ne sono perse le tracce.

Thierry Jonquet, uno dei piú importanti innovatori del noir francese, ci catapulta in un incubo senza fine, nell'orrore celato dietro la normalità dell'apparenza, dove la ferocia è marchiata a fuoco nella carne dei protagonisti, e insinua un atroce interrogativo: fin dove può arrivare una persona ferita?
 

martedì 23 agosto 2011

Hal Vaughan - A LETTO CON IL NEMICO

Convinta sostenitrice della semplicità e dell'eleganza, si deve a Coco Chanel: il look della donna moderna, finalmente libera dai corsetti e dalla tirannia della moda. Nel 1920 i suoi laboratori davano lavoro a più di 2.000 persone e la sua fortuna personale ammontava a 15 milioni di dollari.
Secondo Jean Cocteau, aveva la testa di "un piccolo cigno nero". Secondo Colette, il "cuore di un piccolo toro nero". L'amico Picasso la definì "una delle donne più sensibili di tutta Europa". Ambiziosa, volubile e spregiudicata, confidente dei notabili parigini, di artisti, nobili e regnanti.
All'inizio della seconda guerra mondiale chiuse la sua casa di moda e si trasferì al Ritz, dove rimase per tutta la durata del conflitto, per poi passare in Svizzera. Gli anni dal 1941 al 1954 sono rimasti avvolti in una nube di mistero per mezzo secolo.
Ora Hal Vaughan, grazie a un prezioso lavoro di ricerca in archivi inaccessibili al pubblico, squarcia il velo sul segreto inconfessabile di Mademoiselle Chanel.

Finalmente emerge la verità sulla chiacchieratissima collaborazione di Coco con i più alti ufficiali di Hitler nella Parigi occupata e sulla sua decennale relazione con il barone Hans Günther von Dincklage, descritto nelle tante biografie patinate come un innocuo playboy amante del tennis anziché come un pericoloso agente al servizio del Reich, che riportava direttamente a Goebbels.
Ci svela anche con quali sotterfugi riuscì a sfuggire all'arresto nel dopoguerra, nonostante le sue attività fossero ben note al governo francese, e come, ormai settantenne, riuscì a tornare trionfante a Parigi e a ricostruire la mitica Casa Chanel.

venerdì 19 agosto 2011

LA PARABOLA DEL CONTADINO E DELLO SPECULATORE


 Un contadino ha un campo di grano e produce pasta e pane. Un secondo contadino ha un frutteto. Un allevatore ha un gregge di pecore e produce latte e formaggi. Un artigiano realizza mobili in legno, un altro fila la lana e tesse indumenti.

 Quello che ha il pane ne scambia una parte con il formaggio dell’allevatore e con i maglioni del secondo artigiano. Quello che ha la frutta ne scambia un po’ con un tavolo e quattro sedie, e con qualche chilo di pasta. Ognuno produce qualcosa e tutti insieme hanno le cose essenziali per vivere. La natura, del resto, nel medio termine si può considerare prevedibile: se un anno c’è meno frutta, l’anno dopo ce ne sarà di più.

 Arriva uno speculatore che, promettendo di scambiare nuovi beni, si prende un po’ di pane, un po’ di frutta, un po’ di latte e un po’ di formaggio. Non restandone più a sufficienza per tutti, scambia quello che ha preso con chi ne ha bisogno ma, data la scarsità di beni che ne deriva, pretende da ciascuno un corrispettivo maggiore di indumenti, di sedie, di pane, di formaggio… Se l’allevatore, mettiamo, non riesce a far fronte alle richieste, perché non dispone di risorse sufficienti a coprire l’aumento artificiale del fabbisogno, lo speculatore gli concede lo stesso il pane e tutto il resto, ma lo impegna a versare l’ammanco ipotecando il formaggio che non è ancora stato prodotto. Lo indebita.

  Arriva un secondo speculatore e si prende la restante parte della produzione locale. I contadini, gli artigiani e l’allevatore accettano, perché hanno bisogno di compensare la carestia indotta, cercando di produrre di più e di entrare subito in possesso di ciò che viene improvvisamente loro a mancare.

  A questo punto, tutti i beni disponibili sono nelle mani dei due speculatori, i quali sono liberi di decidere come, a chi e per quanto scambiarli. Fanno i prezzi, esigono sempre di più e indebitano progressivamente i contadini, gli artigiani e l’allevatore che ora non producono più per vivere, ma vivono per produrre una quantità sufficiente, sempre maggiore, di cibo e di beni, che possa soddisfare le richieste degli speculatori.

  Con l’arrivo di un terzo speculatore, proveniente da terre lontane, che a sua volta ha indebitato altri artigiani, altri allevatori e altri contadini, i tre iniziano a riunirsi periodicamente per scambiarsi i debiti dei produttori, scommettendo sulla loro capacità di ripagarli con perseveranza, senza morire di inedia. Senza fallire.

  Quando gli speculatori, tra di loro, esagerano con le speculazioni, scommettendo sulla capacità di ripianare il debito di un allevatore che muore di infarto, per esempio a causa dell’eccessivo lavoro, perdono parte dei loro crediti, che poi sono i debiti di chi produce i beni reali. Così dichiarano ufficialmente l’apertura della crisi. Lo stato di crisi, dicono, richiede ai contadini di produrre più grano e più frutta, agli allevatori di produrre più latte, agli artigiani di fabbricare più tavoli e più indumenti e così via. Altrimenti verrà loro richiesto di saldare i loro debiti immediatamente, e poiché è chiaro che non possono farlo, le loro fattorie verranno espropriate, i loro allevamenti confiscati e moriranno di fame.

  Ma la crisi non è dei contadini, che continuano a produrre il grano e la frutta che producevano all’inizio. Non è degli allevatori, che hanno sempre lo stesso numero di pecore, anzi di più, e dunque producono la stessa quantità di formaggi e di latte. Non è di chi fabbrica i mobili sempre alla stessa maniera, né di chi tesse indumenti esattamente come faceva una volta. No: sono gli speculatori ad essere in crisi, non i produttori. E’ il loro meccanismo di inflazione programmata dei prezzi per i beni di prima necessità ad essersi gonfiato fino ad esplodere. La loro ingordigia, il loro universo artificiale, il mondo parallelo e immaginario che hanno costruito accanto a quello reale: è tutto e solo questo ad essere andato in crisi.

  Finì che i contadini, gli allevatori e gli artigiani mandarono affanculo gli speculatori e ricominciarono a scambiarsi il pane, il latte, il formaggio, i mobili e i vestiti tra di loro, lasciando gli speculatori al loro meritato destino.

venerdì 5 agosto 2011

Diffenbaugh Vanessa - IL LINGUAGGIO SEGRETO DEI FIORI


Non mi fido, come la lavanda.
Mi difendo, come il rododendro.
Sono sola, come la rosa bianca, e ho paura.
E quando ho paura, la mia voce sono i fiori.


«Il caso editoriale più atteso del 2011.»
«The Bookseller»

«Un storia profonda e potente che mostra come sia possibile trovare la strada di casa anche dopo che sono stati tagliati tutti i ponti alle spalle.»
Jamie Ford, autore del Gusto proibito dello zenzero


Victoria ha paura del contatto fisico.
Ha paura delle parole, le sue e quelle degli altri.
Soprattutto, ha paura di amare e lasciarsi amare. C'è solo un posto in cui tutte le sue paure sfumano nel silenzio e nella pace: è il suo giardino segreto nel parco pubblico di Potrero Hill, a San Francisco.
I fiori, che ha piantato lei stessa in questo angolo sconosciuto della città, sono la sua casa.
Il suo rifugio. La sua voce. È attraverso il loro linguaggio che Victoria comunica le sue emozioni più profonde. La lavanda per la diffidenza, il cardo per la misantropia, la rosa bianca per la solitudine.
Perché Victoria non ha avuto una vita facile. Abbandonata in culla, ha passato l'infanzia saltando da una famiglia adottiva a un'altra.
Fino all'incontro, drammatico e sconvolgente, con Elizabeth, l'unica vera madre che abbia mai avuto, la donna che le ha insegnato il linguaggio segreto dei fiori. E adesso, è proprio grazie a questo magico dono che Victoria ha preso in mano la sua vita: ha diciotto anni ormai, e lavora come fioraia. I suoi fiori sono tra i più richiesti della città, regalano la felicità e curano l'anima. Ma Victoria non ha ancora trovato il fiore in grado di rimarginare la sua ferita.
Perché il suo cuore si porta dietro una colpa segreta. L'unico in grado di estirparla è un ragazzo misterioso che sembra sapere tutto di lei. Solo lui può levare quel peso dal cuore di Victoria, come spine strappate a uno stelo. Solo lui può prendersi cura delle sue radici invisibili. Solo così il cuore più acerbo della rosa bianca può diventare rosso di passione.


Il linguaggio segreto dei fiori è un fenomeno editoriale senza precedenti. Conteso da tutti gli editori, è stato venduto in ventisette paesi, con aste agguerrite e cifre record.
In uscita contemporanea in tutto il globo, racconta, attraverso uno dei personaggi più straordinari mai creati, una storia di coraggio e di speranza, di abbandono e di incredibile sete di vita, mostrandoci la forza immensa dell'amore più vero, quello imperfetto e senza radici, che dà senza pretendere nulla in cambio. 


giovedì 4 agosto 2011

LEGITTIMA DIFESA

berlusconi-in-gabbia.jpg
Io credo che ogni popolo abbia, a un certo punto della sua Storia, il diritto alla legittima difesa. E questo punto in Italia è stato ampiamente superato. I cialtroni che siedono in Parlamento, nessuno si senta escluso, in particolare dai banchi dell'opposizione, sono abusivi, illegittimi, senza alcuna autorità. La legge elettorale, voluta da TUTTI i partiti (la dimostrazione è che il governo Prodi in due anni si guardò bene dall'abolirla) è incostituzionale. Non permette la nomina diretta del candidato. Lo capisce chiunque e allora perché la Corte Costituzionale non è intervenuta, non interviene? Chi controlla la Corte Costituzionale? Il Parlamento rappresenta unicamente gli interessi dei partiti e delle lobby che controllano il Paese e che lo hanno ridotto in macerie. Stiamo entrando in un cono d'ombra come quello del Seicento, quando per due secoli diventammo una nullità a livello internazionale, di "Franza o Spagna purché se magna". Per questo disastro annunciato da tempo non c'è nessuno che abbia la minima dignità di chiedere scusa al Paese, non le mummie del Governo, una passerella di individui che avrebbe reso felice Lombroso, né gli incapaci, inetti, collusi membri dell'opposizione, ridotti a cani da pagliaio. Felici sostenitori delo Scudo Fiscale e della Tav, portatori d'acqua della maggioranza con travasi periodici di deputati.
La Costituzione vieta il fascismo, i secessionisti, le massonerie coperte che operano come antistato. E noi abbiamo al governo fascisti, secessionisti e piduisti. E il presidente della Repubblica non dice nulla. Firma, firma, firma. Morfeo, a 86 anni suonati, l'età del becchime ai piccioni e della panchina al parco, dovrebbe essere il nostro salvagente. E' preferibile allora buttarsi in acque infestate da squali in mare aperto durante una tempesta. Ci sono maggiori probabilità di salvezza. Napolitano è entrato in Parlamento nel 1953. 1953! Sono quasi sessant'anni di contributo continuo e fattivo all'attuale situazione. Un impegno quasi sovrumano.
Siamo in un vicolo cieco. Chi ha assistito alla farsa parlamentare con il governo rassicurante e l'opposizione inconsistente ha capito che sta per arrivare un altro otto settembre, che sarà forse anticipato ad agosto, non dipende più da noi quando. L'occupazione del Paese arriverà per via economica, non militare. Le basi americane sono già qui. La finanziaria d'ora in poi sarà decisa a Bruxelles, le politiche economiche, industriali, sociali saranno approvate dalla UE. Un nuovo popolo di schiavi. Prima di essere messi in catene o crocifissi come Spartaco e i suoi gladiatori, questi schiavi reagiranno. Nuove elezioni con questa legge e con questo presidente della Repubblica non servirebbero a nulla. La classe politica ha eliminato, in maniera scientifica, pianificata a tavolino, tutte le vie di cambiamento per via democratica, ma così facendo ha condannato sé stessa. La Bibbia dice: "Si temi l'ira dei mansueti perchè essi riverseranno in voi tutto ciò che hanno subito". Ripeto l'invito ai politici: andatevene finché siete in tempo.


martedì 2 agosto 2011

Default morbido, quasi morbido, praticamente in mutande


Il default quando arriva, arriva. E poi? Cosa succederà? Immaginiamo tre scenari: "default morbido", "quasi morbido", "praticamente in mutande". Il default morbido prevede un prelievo dai conti correnti (stile Amato), un aumento generalizzato delle imposte indirette, la reintroduzione dell'ICI, l'innalzamento dell'età pensionistica, il blocco di ogni turn over delle assunzioni nella pubblica amministrazione, aumento delle tasse locali, dei trasporti, dell'acqua,dell'elettricità e del gas. Il default morbido è però improbabile con un debito pubblico maggiore di 1.900 miliardi e le banche che non valgono un soldo bucato con in pancia 220 miliardi di titoli di Stato, 85 miliardi di sofferenze e un immenso patrimonio immobiliare che prima o poi andrà svalutato. Per piazzare sul mercato i nostri titoli Tremorti deve riconoscere sempre maggiori interessi. Nel 2011 ne dovremo pagare tra gli 80 e i 90 miliardi. Forse aumentare gli interessi non basta più. L'asta pubblica dei titoli di Stato di metà agosto è stata annullata per il timore che andasse deserta.
Vediamo ora le conseguenze del default quasi morbido. Patrimoniale secca su beni mobili e immobili, eliminazione delle Province e accorpamento dei comuni sotto i 5.000 abitanti (misure queste meritorie), innalzamento della tassazione diretta, a iniziare dall'Irpef, aumento dei costi della Sanità, raddoppio tassazione delle rendite sui patrimoni finanziari, eliminazione agevolazioni fiscali alle regioni e province autonome, introduzione del "giusto contributo" del 5% per ogni reddito uguale o superiore ai 30.000 euro. Ovviamente a queste misure vanno aggiunte quelle del default morbido. In Italia ci sono 19 milioni di pensionati e circa 4 milioni di dipendenti pubblici che, tutti i 27 del mese, devono ricevere la pensione o lo stipendio. I disoccupati sono milioni e centinaia di migliaia le aziende che hanno chiuso. Meno gettito fiscale a parità di costi, finora coperto dal debito, dalla vendita di Bot e Btp, porta al collasso. La coperta dei titoli è diventata corta.
Passiamo quindi allo scenario praticamente in mutande. Blocco del rimborso dei titoli di Stato a scadenza per i cittadini italiani, fallimento di alcune banche, taglio degli stipendi nella Pubblica Amministrazione e delle pensioni del 20/30%, blocco temporaneo di accesso ai propri conti correnti con un prelievo massimo giornaliero di 100/200 euro, sospensione delle carte di credito, privatizzazioni delle quote Eni, Enel e di qualunque bene dello Stato che abbia un mercato. Misure che vanno aggiunte quelle di default morbido e quasi morbido. In ogni caso ci sarà un periodo di recessione e di crollo dei consumi, aumenterà la disoccupazione e le spinte secessionistiche, a Sud come a Nord. “Grande è la confusione sotto il cielo. La situazione è eccellente”, Mao Tse-Tung.

Giovanni Carraro - RISCOPRIRE LE PREALPI TREVIGIANE

Le Prealpi trevigiane, ricche di valli e vette in questi anni trascurate dal turismo di massa ma un tempo ben note alle popolazioni locali, ancora adesso offrono all’escursionista del XXI secolo ore di passeggiate rilassanti tra rifugi, malghe e pascoli. In un paesaggio che cambia incredibilmente con le stagioni vi si possono trovare itinerari di non elevata difficoltà – solo alcuni passaggi sono esposti o presentano brevi tratti attrezzati – sempre affrontabili da chiunque seppur con un minimo di attenzione.
La facilità di accesso ai punti di partenza delle passeggiate, unita alla possibilità di salire in
quota con estrema rapidità, permettono di godere dello spettacolare panorama sulla pianura trevigiana e sulla conca bellunese evitando così avvicinamenti faticosi ed estenuanti, come spesso accade quando ci si reca sulle vette dolomitiche più gettonate.
Il volume è diviso in cinque capitoli che illustrano per la prima volta in modo completo e esauriente le Prealpi trevigiane: dai sentieri attorno al monte Cesen a quelli tra Combai e Follina; dagli itinerari escursionistici di Valmareno e Praderadego – nei luoghi in cui forse in passato transitava la misteriosa via romana Flavia Augusta Altinate e dove tuttora sorge il complesso fortificato di Castelbrando - alla valle di Cison e Refrontolo concludendo a oriente con i tracciati intorno al passo di San Boldo e al Col Visentin.
L’esperienza di anni di passeggiate condensate in un agile volume, resa accessibile a un pubblico allargato di escursionisti curiosi, attenti al territorio e alla memoria storica di questi luoghi. “Riscoprire le Prealpi trevigiane” rende omaggio alle persone che si dedicano alla manutenzione di questi tracciati poco conosciuti e che ci offrono così la fruizione in sicurezza dei sentieri utilizzati da centinaia di anni da pastori e contadini.